[464] GIUSEPPE VACCARI – Eroe della Sernaglia

Giuseppe Vaccari nacque a Montebello Vicentino, nella valle del Chiampo, il 2 febbraio 1866. Proveniva da una terra operosa, ricca di tradizioni agricole e artigiane, che alla fine dell’Ottocento vedeva molti giovani cercare nell’esercito un’occasione di riscatto sociale e professionale. Fin da ragazzo mostrò una naturale inclinazione per la disciplina e lo studio tecnico. Dopo aver frequentato scuole a Vicenza, entrò giovanissimo alla Scuola Militare di Modena, un istituto che formava i futuri ufficiali dell’esercito. Ne uscì nel 1885 con il grado di sottotenente, iniziando la sua carriera nel 1º Reggimento Bersaglieri, corpo noto per velocità, spirito combattivo e preparazione atletica. Dopo pochi anni di servizio, nel 1888 fu promosso tenente e trasferito alla Scuola Centrale di Tiro di Fanteria a Parma. Qui si occupò dell’addestramento e dell’insegnamento delle tecniche di tiro, un incarico che richiedeva precisione, metodo e capacità di trasmettere competenze ai giovani ufficiali. Nel 1893 intraprese un passo decisivo: fu ammesso alla Scuola di Guerra, che preparava i quadri superiori destinati a incarichi strategici e di Stato Maggiore. Superò brillantemente gli esami nel 1896, entrando così nel nucleo di ufficiali più qualificati dell’esercito italiano.
In quegli anni ricoprì vari incarichi presso lo Stato Maggiore e le divisioni di Napoli e Piacenza. Nel 1898 ottenne la promozione a capitano “a scelta”, cioè per meriti particolari e non solo per anzianità, segno di riconoscimento delle sue qualità. Nel 1912, promosso maggiore, partì per la Libia. L’Italia era da poco entrata nella Guerra italo-turca (1911-1912), che aveva portato all’occupazione della Tripolitania e della Cirenaica, territori allora sotto l’Impero Ottomano. La resistenza locale, però, rese il conflitto lungo e difficile. Vaccari si distinse subito: a Misurata, nel luglio 1912, ricevette la medaglia d’argento al valor militare per aver coordinato con coraggio il comando della divisione, muovendosi sotto il fuoco nemico senza curarsi del pericolo.
Nel 1913 divenne tenente colonnello e fu nominato capo dell’Ufficio politico militare a Bengasi. Questa struttura aveva un ruolo delicato: gestiva i rapporti con le popolazioni locali, cercando di combinare azione militare e controllo politico. Vaccari si trovò a guidare reparti anche in combattimento, distinguendosi in scontri come quelli di Bedafon e Langai (giugno 1914) e di Gheifat (marzo 1915). Per queste azioni ottenne la Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia, una delle massime onorificenze conferite per meriti di comando.
Rimpatriato nel 1916, con il grado di colonnello di Stato Maggiore, Vaccari entrò subito nel vivo della Prima guerra mondiale. Gli fu affidato il comando della Brigata Barletta, impegnata sul fronte del Carso, in uno dei settori più duri e insanguinati del conflitto.
Tra il 1° e il 3 novembre 1916, durante le battaglie di Castagnevizza, diede prova di eccezionale coraggio. Sempre accanto ai suoi soldati in trincea, li guidò personalmente agli attacchi contro le fortificazioni austro-ungariche, resistendo ai contrattacchi. Per queste gesta ottenne la seconda medaglia d’argento. Nel 1917 fu promosso maggior generale e chiamato dal Duca d’Aosta (Emanuele Filiberto di Savoia, comandante della 3ª Armata) come sottocapo di Stato Maggiore. In questo ruolo non si limitò a pianificare da lontano: spesso si recava al fronte, rischiando la vita, per valutare di persona la situazione e sostenere il morale delle truppe. La sua attività fu premiata con la nomina a ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia. Dopo la disastrosa ritirata di Caporetto (ottobre 1917), Vaccari rimase capo di Stato Maggiore della 3ª Armata. In quei mesi di crisi seppe garantire ordine e coesione, facilitando la ritirata ordinata al Tagliamento e poi sul Piave, ribattezzato “fiume sacro alla Patria” perché divenne la linea simbolo della resistenza italiana. La sua opera di riorganizzazione, svolta tra il 1917 e l’inizio del 1918, fu considerata decisiva per ridare solidità all’esercito italiano dopo la disfatta. Nel giugno 1918, al comando del XXII Corpo d’Armata, Vaccari affrontò uno dei momenti più critici della guerra: l’offensiva austro-ungarica sul Montello, parte della Battaglia del Solstizio. Quando le linee italiane vacillarono, lasciò il posto di comando e si gettò tra i soldati in prima linea. Con le sue parole e il suo esempio riuscì a ribaltare la situazione, spingendo i reparti a contrattaccare con energia. Per questo episodio gli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare, la massima ricompensa italiana per atti di eroismo. Non era solo un riconoscimento al suo coraggio fisico, ma anche alla capacità di un comandante di trasformare con la propria presenza l’esito di una battaglia.
Nell’ottobre 1918, Vaccari guidò le sue truppe nell’offensiva di Vittorio Veneto, la battaglia che segnò il crollo dell’Impero austro-ungarico. Fu tra i primi a far passare i propri uomini oltre il Piave, nella pianura di Sernaglia, in una manovra che tagliò le comunicazioni nemiche e aprì la strada all’avanzata vittoriosa. Il suo comando fu descritto come “attivo, solerte e sagace”, capace di trasformare le direttive superiori in azioni concrete e incisive. Per il contributo decisivo ricevette il titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia.
Terminato il conflitto, Vaccari continuò la sua carriera con incarichi di prestigio, tra cui il comando del Corpo d’Armata di Roma, posizione di grande responsabilità nella capitale del Regno. Rimase sempre un punto di riferimento per i colleghi ufficiali e per le istituzioni militari.
Il 15 giugno 1925 il generale Vaccari sposò la contessina Irene De Bernini. La nuova compagna gli fu accanto nei momenti più difficili, alleviando il dolore di una lunga convalescenza dopo un grave incidente d’auto avvenuto poco dopo il suo pensionamento. L’incidente lo costrinse a mesi di cure in clinica, ma non spense la sua energia. Non appena si rimise in salute, Vaccari tornò alla sua intensa vita pubblica. Fu presidente della Suprema Corte d’Onore dell’Istituto del Nastro Azzurro e dell’Opera Nazionale per l’assistenza agli orfani di guerra con disabilità psichiche, oltre che membro del Consiglio Nazionale dell’Associazione del Fante. A Vicenza, la sua città, ricoprì il ruolo di Rettore dell’Accademia Olimpica, la più antica istituzione culturale del luogo, e guidò la Commissione incaricata di creare il Museo del Risorgimento e della Guerra. A quest’ultimo donò molti dei suoi cimeli personali, tuttora conservati. L’età non sembrava intaccare la sua vitalità. Ovunque fosse chiamato a presiedere, Vaccari amava il confronto sincero e vivace: voleva che ogni discussione fosse animata, ma sempre fondata sulla chiarezza e la sobrietà delle idee. Il 6 settembre 1937 la morte lo colse improvvisamente, chiudendo la vita di uno dei generali più rappresentativi della Prima guerra mondiale. La vita di Giuseppe Vaccari è l’esempio di un ufficiale che seppe crescere in responsabilità, passando dall’addestramento alla pianificazione strategica, fino al comando diretto sul campo. La sua figura unisce la precisione dello stratega alla passione del combattente, ed è per questo che ancora oggi rimane un protagonista di primo piano nella memoria della Grande Guerra italiana.
FOTO: GIUSEPPE VACCARI nel 1925 quando sposò la contessina Irene De Bernini (elaborazione grafica U. Ravagnani).
BIBLIOGRAFIA: – Rivista “Il Chiampo”, n. 34, 1968.
– G.Pieropan, “Il Generale Giuseppe Vaccari (1866-1937)”, 1989.
Vedi anche il nostro articolo n. [322] del 26-01-2023 “MONTEBELLO FESTEGGIA GIUSEPPE VACCARI“.
Umberto Ravagnani
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