[358] IL CAPORALE SUL VAJONT
Terenzio Conterno vi rimase un mese: Β« Scene terribili Β»
Il 9 ottobre prossimo ricorrerΓ il 60Β° anniversario del disastro del Vajont e ne approfittiamo per ricordare la partecipazione ai soccorsi del nostro carissimo socio, allora Caporale arruolato negli Alpini, il compianto prof. Terenzio Conterno. Dieci anni fa, In occasione del 50Β° anniversario, Terenzio ha raccontato al Giornale di Vicenza la storia del suo intervento per aiutare la popolazione di Longarone e dei paesi vicini Erto e Casso. Ecco la sua cronaca.
MercoledΓ¬ 9 ottobre 1963, verso le undici di sera. Il caporale Terenzio Conterno, di Montebello, stava dormendo nel centralino della caserma DβAngelo di Belluno. Arruolato negli alpini, nel 6Β° reggimento Artiglieria da montagna, Conterno si occupava delle trasmissioni. Durante gli spostamenti si portava dietro la radio, βdonoβ degli americani, che pesava almeno 30 chili; se restava in caserma era addetto appunto al centralino, con il compito di ricevere le chiamate anche di notte. Quella sera arrivΓ² una chiamata, chiedevano del capitano. In caserma si aspettavano la telefonata per unβesercitazione. Lβalpino Conterno inoltrΓ² la comunicazione, ma rimase in ascolto. Quello che sentΓ¬ gli gelΓ² il sangue nella vene: Β« Γ cascata la diga, lβacqua ha spazzato via un intero paese Β». La diga era quella del Vajont: alle 22.39 la frana dal monte Toc scivolΓ² nel bacino artificiale, lβonda di piena superΓ² la diga e si abbattΓ© sulla vallata. Le vittime furono circa duemila. Conterno raccontΓ² quanto aveva appreso ai commilitoni. Β« Cβera un sottotenente, quando gli dissi ciΓ² che avevo sentito sbiancΓ² in volto. Era di Longarone, ma io allora non lo sapevo. In seguito mi dissero che nel disastro aveva perso la famiglia, lβabitazione, tutto Β». I primi soccorsi partirono subito con i camion, che erano pronti appunto perchΓ© tutti si aspettavano unβesercitazione. Quello che trovarono fu indescrivibile, la vallata era stata spazzata via da una forza spaventosa che aveva lasciato una spianata costellata di macerie e, purtroppo, di cadaveri. Β« Io ci andai il venerdΓ¬ – racconta Conterno -. Rimasi lΓ , sul luogo del disastro, per un mese di fila, senza mai tornare in caserma. Ero addetto alla tenda del colonnello Bruno Gallarotti, lβunica che rimase fissa per tutto il tempo Β». Il compito del caporale era quello di contare ogni giorno le salme recuperate e trasmetterne il numero al comando: Β« Avevano degli elenchi degli abitanti, forse dalla Prefettura, ed era necessario essere sicuri di aver estratto tutti i cadaveri Β».
Travolti alla furia distruttiva dellβacqua, non tutti i corpi venivano ritrovati integri. Β« I problemi – ricorda ancora Conterno – cβerano quando si trovavano solo dei pezzi. Cercavamo di metterli insieme, in modo da formare delle salme complete, perchΓ© lβordine era di contare i corpi Β». Corpi che venivano portati subito al cimitero, per evitare il diffondersi di malattie. Β« Cβera anche la questione del riconoscimento – aggiunge Conterno -. Non si potevano fare autopsie, e tantomeno analisi piΓΉ sofisticate. Chi riconosceva i cadaveri, se intere famiglie erano state distrutte? Β». Alla fine, circa metΓ delle salme recuperate furono sepolte senza essere state identificate. Alla tragedia immane si aggiunse lβorrore degli sciacalli, che frugavano tra le macerie. Β« Una sera, alle dieci circa, sentimmo dei rumori. Non eravamo di guardia, ma accendemmo comunque le fotoelettriche. Un gruppetto di persone si diede alla fuga.
Non le fermammo, non avevamo ordini precisi in merito. Tempo dopo venni a sapere che di notte era stata rubata la cassaforte di una banca, distrutta anchβessa. Forse erano stati proprio loro Β». Le foto pubblicate a fianco sono state scattate in quei giorni. Dietro Conterno e il commilitone Menardi di Cortina si puΓ² scorgere la spianata dove sorgeva il paese di Longarone. (Dal Giornale di Vicenza dell’8 ottobre 2009)
NOTA: Altri militari di Montebello, soprattutto Alpini, hanno partecipato ai soccorsi a Longarone e dintorni in occasione del disastro del Vajont, come Tullio Giacomazzi (Piero), Giorgio Crestani, Lino Bertinato, Sergio Peloso e altri.
FOTO: 1) Il Caporale Terenzio Conterno in posa davanti al disastro della diga del Vajont nell’ottobre 1963Β (rielaborazione digitale Umberto Ravagnani).
2) Il riconoscimento del Ministero della Difesa, con medaglia, all’Alpino Tullio Giacomazzi (Piero) per il suo intervento nel disastro del Vajont (cortesia di M. Antonietta Masiero).
Umberto Ravagnani
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