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CAMBIA LA MODA FEMMINILE

[381] CAMBIA LA MODA FEMMINILE

Questa dote, tratta da un documento del 1763, riporta vestiti e tessuti mai riscontrati prima d’ora in altri atti notarili di Montebello, neppure in quelli coevi del sotto descritto elenco. Il documento Γ¨ stato stilato, quasi sicuramente da un sarto estimatore altamente qualificato proveniente dalla cittΓ  e abituato a trattare con persone di un certo rango. (n,d.r.)

GIOMARIA TOMBA costituisce la dote alla figlia CATERINA, i beni sono ricevuti dallo sposo ANTONIO BRANSE (o Brande) detto β€œMestellin” (in seguito sarΓ  oste all’OSTARIA GRANDA dei Valmarana a Montebello – vedi anche l’articolo [301] – n.d.r.).

  • Due camise da donna di drappello (tessuto di seta pura n.d.r) fornite di merli stimate Lire 32. Due come sopra usate valgono Lire 16.
  • Due camise β€œCostanza” (tessuto del Lago di Costanza nd.r) fornite con merli nuove, valgono Lire 62.
  • Tre β€œfassoli” di renso (tessuto di Reims in Francia — n.d.r.) novi, Lire 10.10.
  • Una pettorina con stoletta ricamata all’antica, Lire 24.
  • Sette pettorine diverse di seta, parte con poco di argento. Lire 16.
  • Otto cavezzi (scampoli n.d.r.) di filisello (seta di 20 scelta) e seta β€œrittΓΉ (?) marron, Lire 32.
  • Una polacca sguarda (polacca detta anche mezzo abito nd.r) di scarlattina (sguarda rossa – n.d.r) usada e voltata con poco argento dorato, Lire 24.
  • Una polacca di seta in opera fornita con cordella sguarda (rossa) tacconada Vale Lire 18.
  • Un corpetto di filisello( seta di 20 scelta — n.d.r.) β€œPampadour” vecchio Vale Lire 8
  • Un corpetto di seta con mostre rosse usado, Lire 7.
  • Un corpetto, cioΓ¨ camisola β€œSiviglia” tacconado, Lire 3.
  • Tre polachette filo e Indiana (Indiana = sorta di tela bambagina – n.d.r.) tutto vecchio e tacconado, Lire 8.
  • Due polachine di Fiandra, cioΓ¨ camisole strissade e tacconade, Lire 6.
  • Un busto usado di seta con ossi di balena color limon, Lire 10.
  • Cottola con polacca Indiana Γ² Persiana Lire 40.
  • Una imbottitura nova con balena, Lire 28.
  • Un busto sguardo con grisetta (rosso-grigio) Lire 32.
  • Un cottolo (sic!) d’Indiana vecchio rotto, Lire 6.
  • Una vesta con polacca tacconada di amuer (moerro ossia stoffa di seta massiccia a onde n.d.r) Lire 66.
  • Un paro di calze verdi nove e no 4 di filisello di colori diversi, Lire 22.
  • Due para di calze bombaso e filo bianco, Lire 7.
  • Tre mezzi fazzoletti seta e bombaso e due fazzoletti di bombaso bianchi e uno di velo in parte rotti, Lire 12.
  • Due para manopole bianche, Lire 3.
  • Due veste, una stricada e una color marron de’ filisello usade, Lire 34.
  • Un paro di manopole di seta nove con poca franza oro e un paradisetto con merlo, Lire 8.
  • Tre traverse d’Indiana Persiana vecchie tacconade, Lire 8.
  • Una traversa nova di Persiana, Lire 15.
  • 8 traverse di lino turchino e bianco a occhietti, Lire 48.
  • Una tovaglia drappello usada con merlo, Lire 6.
  • Due mezzi fazzoletti ricamati, Lire 24.

Da un atto notarile, datato 17 marzo 1763, del notaio montebellano Cenzatti Domenico fu Paolo. (Dal libro ‘Dal ‘700 giorno per giorno di OTTORINO GIANESATO)

IMMAGINE: Il dipinto dell’artista Giacomo Antonio Ceruti detto il Pitocchetto ‘Scuola di ragazze’ (1720-25), mostra un esempio della moda femminile del ‘700.

Umberto Ravagnani

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IL SOGNO INFRANTO

[380] IL SOGNO INFRANTO

Candido Dal Zovo, nativo di Sarego, figlio di Girolamo e Domenica Ceccon, emigrΓ² in Brasile ormai quarantenne. Un paio di anni piΓΉ tardi fece ritorno in Italia e si stabilΓ¬ con il fratello DomenicΓ² in localitΓ  la Mason nel comune di Montebello Vicentino. Probabilmente doveva aver fatto un po’ di soldi se il fratello Domenico, di un anno piΓΉ giovane, fu lusingato ad imitarlo mettendosi in viaggio verso il sud America.
PerciΓ², il 15 agosto 1893 Domenico Dal Zovo s’imbarcΓ² con altri emigranti del nord Italia nel porto di Genova sul piroscafo misto β€œRemo”alla volta del Brasile. Non era una cattiva imbarcazione, visto era stata costruita nei cantieri navali di Sestri Ponente solo nel 1891. La sua stazza era di 2964 tonnellate, misurava 110 metri di lunghezza e piΓΉ di 12 di larghezza e raggiungeva la velocitΓ  di 12 nodi pari a 22,2 chilometri orari. Oltre che a svariate tonnellate di merci, poteva ospitare 60 passeggeri in 1a classe e 900 in 3a. Al suo varo, il piroscafo dapprima prese il nome di β€œMichele Lazzarone” per cambiarlo poi in β€œRemo” ed era di proprietΓ  della Compagnia di Navigazione Italo-Brasiliana Giacomo Gresta di Genova, iscritto tra i natanti di questo porto col numero di matricola 201.
Quando il piroscafo β€œRemo” salpΓ² da Genova i passeggeri imbarcati erano molti di piΓΉ di quelli previsti dalle liste, creando disagi e confusione a non finire. E come non bastasse il vapore, anzichΓ© dirigersi verso lo stretto di Gibilterra e l’oceano Atlantico, fece rotta verso il porto di Napoli dove vi salirono ulteriori 700 passeggeri trasformando la nave in un formicaio con ben oltre 1500 unitΓ . Il 27 agosto 1893 a causa del cattivo cibo fornito a bordo alcuni passeggeri si ribellarono incitando gli altri alla rivolta. Il capitano, per sedare i disordini, fece legare i quattro piΓΉ violenti di origine toscana alle catene dell’ancora.
Fu cosΓ¬ che il 6 settembre, vuoi per l’eccessivo numero di persone costrette a convivere in spazi ristretti, vuoi per il caldo e la pessima qualitΓ  del rancio, scoppiarono inevitabilmente delle epidemie. A farne subito le spese furono due bambine affette da presunto colera, i cui corpicini, onde evitare il dilagare del morbo, furono gettati nell’oceano. Quando mancavano 70 miglia da Rio de Janeiro il terribile male colpΓ¬ un paio di passeggeri imbarcati a Napoli, ma ciΓ² nonostante la navigazione proseguΓ¬ tra liti e maltrattamenti da parte del personale che comandava la nave. All’alba del 9 settembre il piroscafo β€œRemo” approdΓ² in Brasile, non a Rio de Janeiro, ma sull’isola Grande. Qui la commissione sanitaria brasiliana, sapendo dell’esistenza a bordo del contagio e la presenza di alcuni deceduti, ordinΓ² al comandante di portare il natante 20 miglia piΓΉ al largo.
Da parte sua il governo centrale carioca fu assai determinato nell’ordinare di respingere gli italiani e imporre l’inversione della rotta al piroscafo β€œRemo”. Tra le lacrime degli emigranti delusi, la sera del 13 settembre il piroscafo salpΓ² per l’Italia e durante il viaggio di ritorno si verificarono altri decessi. Compreso quello del neo montebellano Domenico Dal Zovo.
Erano giΓ  passati 50 giorni da quando il piroscafo β€œRemo” era partito da Genova e mai i passeggeri avevano potuto toccare la terraferma. CosΓ¬, il 4 ottobre i passeggeri del piroscafo furono dirottati verso l’isola dell’Asinara, a nord della Sardegna, per trascorrere la quarantena. Quindi il piroscafo riprese la navigazione verso Napoli dove fece scalo il giorno 18 dello stesso mese per poi arrivare a Genova il 26 seguente per lo sbarco definitivo. Alla fine del viaggio si contarono le perdite: 96.
Si evince che in base all’atto di morte nΒ° 80 del 4 ottobre, redatto dal comandante del piroscafo β€œRemo” signor Giuseppe Gostuzzo, Domenico Dal Zovo venne a mancare proprio quel giorno alle ore 11 a.m. in seguito a cholera morbus. Il documento fu scritto facendo seguito alla relazione dell’unico dottore di bordo, il signor Vittorio Ghiglione di Boscomarengo, domiciliato a Milano, con altro testimone il trentasettenne signor Scribonis di Genova. Solo che nella stesura del documento fu indicato come Sarego il paese di provenienza di Domenico Dal Zovo. Pertanto la comunicazione scritta della sua scomparsa venne inviata a questo comune che a sua volta, il 16 novembre, non fece altro che girarla per competenza al comune di Montebello Vicentino.
Con questo ultimo atto dovuto, si concludeva la sfortunata vicenda di un povero emigrante in cerca di una vita migliore. OTTORINO GIANESATO

FOTO: 1) Una delle molte locandine pubblicitarie di fine ‘800 per l’emigrazione in Brasile.

Umberto Ravagnani

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IN CERCA DI FORTUNA OLTRE…

[379] IN CERCA DI FORTUNA OLTREOCEANO

Il 1866, anno dell’annessione del Veneto al Regno d’Italia, non spalancΓ² per niente le porte ad un periodo di prosperitΓ  e di benessere come tutti speravano. Anzi i dieci anni successivi videro la situazione economica dei piΓΉ deboli peggiorare di giorno in giorno. Con il risultato che a molti non restΓ² altro che prendere la via dell’immigrazione, soprattutto verso il sud America.
Purtroppo numerosi agenti prezzolati, al soldo talvolta di compagnie di navigazione inesistenti, reclutavano nel Veneto numerosi contadini con le loro famiglie con la falsa promessa di un viaggio al di lΓ  dell’Atlantico pieno di ogni comoditΓ  e privo di disagi. Mentivano perchΓ© giΓ  al momento dell’imbarco nel porto di Genova, gli emigranti si vedevano costretti a salpare con vecchie carrette del mare a vela anzichΓ© con moderni piroscafi a vapore per i quali avevano pagato il biglietto. Per non parlare del cattivo trattamento durante la traversata che durava almeno un mese con un piroscafo, ma molti giorni di piΓΉ con un veliero.
La storie qui di seguito narrate sono solo alcuni episodi tra le tante vicende che videro protagonisti dei cittadini montebellani.
Il calzolaio Gio.Batta Festugato, sposatosi nel 1876, era poco piΓΉ che quarantenne quando si accorse amaramente che aveva forti difficoltΓ  a mantenere sΓ© stesso, la moglie trentaquattrenne Angela Pelosato e la numerosa prole. PerciΓ², come avevano giΓ  fatto altri compaesani, decise di porre freno alla miseria trasferendosi con la famiglia in Brasile.
La prima decade di novembre del 1891 Gio.Batta Festugato si imbarcΓ² a Genova con la famiglia sul piroscafo a vapore francese Aquitaine (Aquitania). Sembra di vederli sul molo: la moglie che tiene in braccio l’ultimogenita Amelia ancora in fasce e la piccola Ottavia di poco piΓΉ di due anni appesa alle lunghe gonne della mamma. Poco distante gli altri figli piΓΉ β€œgrandicelli”: Domenica Maria, Eugenio con meno di dieci anni di etΓ , poco lontano il primogenito quattordicenne Giuseppe con il padre Gio.Batta con due sacchi pieni di vestiario e robe di casa.
Dopo una ventina di giorni di navigazione, mentre il piroscafo Aquitaine era prossimo all’Equatore, la traversata atlantica della famiglia Festugato fu colpita da un grave fatto:
… dal Libro di Bordo del vapore Aquitaine comandato dal Capitano Sylvain Bonnot con armatore di Marsiglia:
« Oggi 28 novembre 1891, a un’ora della sera, in mare latitudine Nord 7Β° 26’ e longitudine Ovest 24Β°.
Noi, Sylvain Bonnot, capitano di lungo corso comandante il vapore β€œAquitaine” della SocietΓ  Generale di Trasporti Marittimi di Marsiglia, esercitante a bordo le funzioni di Ufficiale di Stato Civile in virtΓΉ dell’Art. 86 Libro IΒ°, capitolo 1VΒ°del Codice Civile, in presenza dei signori Luigi Franceschi, capitano di lungo corso esercitante a bordo le funzioni di capitano in 2a dell’etΓ  di 45 anni, domiciliato prima dell’imbarco a Marsiglia, Dipartimento delle Bocche del Rodano, e da Edmond Allemand, capitano occupato a bordo con le funzioni di Ufficiale contabile dell’etΓ  di 52 anni domiciliato prima dell’imbarco a Marsiglia, dichiarano e attestano aver costatato l’identitΓ  del cadavere di Ottavia figlia di Festugato Battista e di Belluzzato (errore Γ¨ Pelosato) Angela, nata il 10 ottobre 1889 a Montebello, provincia di Vicenza, domiciliata prima dell’imbarco a Genova, Italia (talvolta gli emigranti passavano parecchi giorni al porto di Genova prima che la loro nave salpasse – n.d.r.) trasportata in ruolo di equipaggio in qualitΓ  di passeggero di 3a classe, Γ¨ deceduta a un’ora della sera.
Documento conforme all’atto di decesso da essere consegnato all’autoritΓ  consolare di Rio de Janeiro perchΓ© possa essere trascritto sui registri conforme all’articolo 87 del Codice Civile.Β Β»
La 3a classe che ospitava i Festugato era la peggiore. Spesso il cibo carente sia di qualitΓ  che di quantitΓ  era foriero di malattie e decessi.
Il vapore Aquitaine attraccΓ² nel porto di Rio de Janeiro il 7 Dicembre 1891 e il giorno seguente il consolato italiano appose il suo visto sul documento redatto per mano del capitano Edmond Allemand.
La comunicazione della scomparsa della piccola Ottavia giunse a Montebello nell’aprile del 1892.
E’ evidente che l’emigrazione in Brasile della famiglia Festugato iniziΓ² sotto cattivi auspici. Sarebbe confortante sapere se, almeno in seguito, la sorte fosse stata benigna. OTTORINO GIANESATO

FOTO: 1) Il piroscafo a vapore ‘Aquitane’ in una cartolina di fine ‘800.
2) Una famiglia al completo in partenza per il viaggio della speranza in sud America. (da un articolo di Fabio Montella – Clionet.it)

Umberto Ravagnani

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I LEGIONARI MONTEBELLANI

[378] I LEGIONARI MONTEBELLANI

Nel 1831, il re di Francia Luigi Filippo d’Orleans, a supporto della conquista dell’Algeria, penso di istituire un corpo militare che, ingaggiando gli stranieri provenienti da ogni parte, potesse difendere i suoi interessi d’oltremare, non solo quelli in Africa. Un esercito formato da soggetti senza patria che non avevano nulla da perdere e la cui morte forse non avrebbe fatto piangere nessuno.
Anche se questa formazione militare fu impiegata in quasi tutte le colonie francesi, gli appassionati di cinema ricordano soprattutto le numerose scene girate tra le sabbie del deserto del nord Africa che raccontano la storia di quei soldati dal caratteristico berretto mentre vagano assetati tra le dune.
Dal lontano 1831 furono centinaia di migliaia i giovani che da ogni parte del mondo entrarono nelle fila della cosiddetta β€œLegione Straniera”. Per restare in Italia non vi era paese che non avesse, o non avesse avuto, qualche cittadino che si fosse arruolato volontario nel corpo della legione. Altissimo fu il numero di quelli che vi aderirono nell’immediato dopo guerra 1940-1945 per poi diminuire sensibilmente, col passare degli anni, fino a quasi sparire, almeno da noi. Dal 1831 fino al 2014 sono stati 60.000 gli italiani che hanno militato in questo esercito.
Abbiamo notizia di un montebellano che forse fu uno dei primi in paese, se non il primo, a raggiungere le assolate sabbie nord africane. Questo lo si venne a sapere all’indomani della comunicazione arrivata al comune di Montebello da parte del signor Botteri, console italiano in Algeria, che dalla cittΓ  di Bona inviΓ² la documentazione il 23 novembre 1880. L’informativa del consolato italiano arrivΓ² al comune di Montebello solo nell’aprile del 1881. In quell’anno l’Ufficiale di Stato Civile del comune era il signor Giacomo Trevisan.
Da questa si seppe che tale Antonio Zuffellato, figlio di Natale e di Maria Biasin era venuto a mancare alle ore 8 della sera del 21 giugno 1880 all’etΓ  di 31 anni (33!) nell’ospedale militare di Guelma, una popolosa e ricca cittΓ  algerina.
Guelma, anticamente chiamata Calama, si vanta ancor oggi di possedere un anfiteatro romano e delle sorgenti termali. Si trova nella costa nord orientale dell’Algeria a una quarantina di chilometri dalla sponde del mar Mediterraneo. Poco distante ci sono pure i confini con la Tunisia.
Antonio Zuffellato si trovava in questa cittΓ  perchΓ© tra le sue mura esisteva la sede di un importante campo militare permanente. Fin dal 1834 la provincia di Guelma, appartenente al distretto di Costantina, fu invasa dai coloni francesi che scacciarono violentemente gli antichi abitanti per appropriarsi dei fertili terreni. NΓ© piΓΉ nΓ© meno come avviene, ed Γ¨ avvenuto in un recente passato, in Palestina.
Tornando all’ospedale di Guelma, la comunicazione arrivΓ² pertanto solamente nove mesi dopo la scomparsa del giovane Antonio. La relazione scritta fu rilasciata in carta libera in conformitΓ  dell’Art. 15 della Legge del 13 Brumaio anno VII, in applicazione dell’art. 80 del β€œCodice Napoleonico”. Bisogna sapere che Napoleone III era decaduto giΓ  ne1871 e quindi per la Francia era iniziata la Terza Repubblica che durerΓ  una settantina di anni. CiΓ² nonostante i regolamenti vigenti erano ancora quelli napoleonici.
Non si conoscono le cause della morte del legionario Antonio Zuffellato. Forse in seguito a ferite riportate in combattimento, forse per una delle contagiose malattie che affliggevano quei luoghi.
La relazione della sua scomparsa fu redatta dal soldato Camille Martel, scrivano dell’ospedale, e dall’infermiere caporale Jaques Borel e sottoscritta dal sindaco di Guelma, signor Chantord.
Antonio Zuffellato non fu il solo originario di Montebello a finire i suoi giorni in quelle lontane terre del nord Africa, come qui di seguito si legge. Infatti alle ore 11 del mattino del 23 maggio 1892, all’ospedale militare di Medea, cittΓ  a circa 80 chilometri a sud ovest di Algeri situata a quasi 1.000 metri di altitudine, venne a mancare, all’etΓ  di 34 anni, il montebellano Lora Antonio del fu Augusto e della fu Mariona Lucia, da civile di professione contadino. (Il suo presunto arrivo in Africa fu posteriore al 1885). In quella triste occasione furono testimoni gli infermieri militari Henry Delarue e Constant Lair, entrambi addetti all’ospedale. Dai documenti si sa poi che, prima del ricovero, il povero Antonio Lora era di stanza presso la localitΓ  Husery – Ben – AlΓ¬ (?). L’atto di morte fu redatto dall’Ufficiale di Stato Civile di Medea, il signor Jean Cesar Segond, su incarico del sindaco della cittΓ .
Anche in questo caso la comunicazione della scomparsa del contadino montebellano arrivΓ² tardivamente in Italia, quasi due anni dopo, ossia nel marzo del 1894. Non si conosce se questa informativa fosse stata possibile solo perchΓ© a Montebello si sollecitΓ² la ricerca di Antonio Lora, visto il prolungarsi della sua giΓ  lunga assenza con mancanza di notizie, o se fosse la prassi militare.
Nel 1979 a Trapani Γ¨ stata fondata l’associazione A N I E L che raggruppa alcune centinaia di ex legionari. Oggi questo sodalizio si trova a Vicenza e tutela gli interessi dei volontari che hanno militato nelle fila della β€œLegione Straniera”. OTTORINO GIANESATO

FOTO: Una cartolina di fine ‘800 con un gruppo di soldati della ‘Legione straniera’ francese in nord Africa.

Umberto Ravagnani

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LA SCUOLA DI UNA VOLTA

[377] LA SCUOLA DI UNA VOLTA

Anche a Montebello, negli anni 50, 60, 70 del Novecento, la scuola era completamente diversa da quella di oggi. L’imposizione scolastica finiva con la quinta elementare, ma molti ragazzi non terminavano l’obbligo perchΓ© i loro genitori li tenevano a casa per avere un aiuto nel loro lavoro. Solo chi viveva in una famiglia con possibilitΓ  economiche continuava gli studi andando alla Scuola media o all’Avviamento e poi alle Scuole superiori e all’UniversitΓ . Le aule erano grandi ma spoglie, i banchi erano di legno, avevano il calamaio incorporato ed erano disposti in file ordinate e la cattedra era messa sopra ad una pedana. Oggi vi proponiamo la testimonianza di Luigi Bedin con i suoi ricordi della scuola elementare nei lontani anni 50.
Β«Grembiule nero e cartella, percorrevamo silenziosi, al mattino, la stradella delle Carpane accompagnati dalla poca acqua che scorreva nel fossato a destra.
Acqua che spariva nel condotto che passava sotto l’Oratorio; noi svoltavamo a sinistra e, una volta sorpassata la grande croce di legno appesa alla parete della chiesa, si presentava l’edificio della scuola elementare con i grandi portoni aperti.
All’Avvento e alla Quaresima perΓ², giunti al fianco della scalinata della chiesa, ci intercettava il prevosto che, vigile e austero, dall’alto dei gradini ci obbligava ad entrare in chiesa per ascoltare la predica che il frate, dall’alto dell’ambone, ci ammanniva condita di peccati, diavoli, ragazze, balli etc. Il ritardo nell’ingresso a scuola creava un serio dibattito – prima il piacere o il dovere? -, tra maestro e sacerdote, ma a noi tale ritardo non dispiaceva. Della permanenza mattutina tra i banchi di legno, sporchi d’inchiostro, ho vari e vaghi ricordi: ispezione alle mani, alle ginocchia, ai capelli; progressioni numeriche per 2, per 3, per righe di a, b, c…; verbi irregolari, tabelline etc. Quelle che ben ricordo sono le birichinate che si combinavano, con la corresponsabilitΓ  del maestro.
Questi spesso spariva dalla classe con alcuni scolari per ritornare anche dopo ore con anguille, uova, sacco di letame che caricava sulla sua β€œtopolino c”. Lasciati soli, seduti sul pavimento di legno a ripassare i verbi, facevamo colare la farina tra le fessure del pavimento, farina che scendeva sulla testa del maestro nell’aula sottostante con prevedibili reazioni. Durante l’intervallo, uscendo dalla porticina del muro del cortile, si catturavano i grilli nei prati di Stocchero, grilli che, lasciati trascinarsi sul banco scolastico, dopo averli inzuppati nell’inchiostro, ci permettevano di attuare la raschiatura del banco con il vetro, per riportarlo a lucido anche con l’uso della carta vetrata; consenziente il maestro.
Gli orti erano quasi tutti nostri per cui in primavera dedicavamo varie ore all’agricoltura.
Certo che le verdure venivano bene! Attingevamo l’acqua che veniva dai gabinetti delle scuole. La ricompensa per il lavoro era fantastica. Seduti all’ombra delle piante nel cortile il maestro ci portava con i Mille alla presa della Sicilia. Quarto, Marsala, Camicie rosse, Garibaldi, Teano Γ¨ tutta la storia che ho appreso in quinta classe.
Campanella suonata dal bidello Angelo Conterno, fila, uscita dal gran portone di legno e poi la solita stradella delle Carpane, ma tutto era diverso dal mattino.
Sole, fionda, lucertole da centrare, fiorellini nell’erba sotto il muro, qualche violetta nella scarpata del fosso, chiacchiere, litigi e si giungeva a casa anche dopo un’ora dall’uscita dalla scuola; trecento metri percorsi. Rimbrotti familiari per i ritardi, pranzo, compiti sotto la vigilanza della mamma che ci aiutava a recuperare quanto poco fatto, e poi oratorio e i giochi che don Francesco o don Michele vigilavano, a modo loro, cioΓ¨ usando spesso la mano in caso di litigi o parolacce volontarie o sfuggite. E il giorno successivo si riprendeva.Β» (Da “LA VECCHIA SCUOLA ELEMENTARE DI MONTEBELLO VICENTINO” di Ottorino Gianesato, Umberto Ravagnani e Maria Elena Dalla Gassa).

FOTO: Ragazzini degli anni ’50 si preparano a raggiungere la scuola nella stradella delle Carpane (ricostruzione grafica di fantasia).

Umberto Ravagnani

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IL PIÚ BUONO DELL’ANNO

[376] IL PIÚ BUONO DELL’ANNO

Il 21 settembre 2008 l’Amministrazione Comunale di Montebello Vicentino conferiva ad Angelo Valente il β€œpremio di solidarietΓ  sociale” con la seguente motivazione: β€œβ€¦che offre il proprio tempo a favore di chi Γ¨ in difficoltΓ , occupandosi del trasporto degli ospiti della casa di riposo, collaborando con i vari gruppi per iniziative di solidarietΓ , mettendo gli interessi e i bisogni personali in secondo ordine rispetto alle richieste delle persone che chiedono aiuto. Con gratitudine e riconoscenza”.

Ecco una breve intervista di Cinzia Ceriani per il Corriere Vicentino fatta ad Angelo in occasione della sua premiazione.

Il premio di solidarietΓ  sociale per Angelo Valente, arzillo signore di 74 anni dall’aspetto simpatico e gentile, non Γ¨ casuale, perchΓ© appunto lo trovo proprio mentre Γ¨ in azione, all’ospedale di Montecchio mentre accompagna un ospite della casa di riposo per una visita ortopedica.

Da quanto tempo si dedica agli altri?

“Da quattro anni e mezzo circa. Sono in pensione e tra un’operazione e l’altra e gli esami per tenere sotto controllo la malattia faccio del volontariato. Occupo il mio tempo cosΓ¬ e fino a quando mi rinnoveranno la patente e avrΓ² la salute necessaria per poterlo fare continuerΓ² a farlo.”

Come mai questa scelta?

β€œNon Γ¨ mai stata una scelta. Ho sempre fatto volontariato fin da giovane, l’unica differenza sta nel fatto che ora, essendo a casa in pensione, posso dedicarvi piΓΉ tempo. Oltre ad aiutare le persone della casa di riposo, cerco di dare una mano a dei missionari.”

E l’unico in famiglia a fare volontariato?

“No, con me c’Γ¨ anche mia moglie. Lei si occupa dei rapporti con le missioni e, ogni tanto, mi accompagna nei miei giri.”

Un ricordo piacevole della sua attivitΓ  sociale?

β€œA Velo d’Astico. Durante le vacanze ho costruito il capitello di Santa Maria Assunta dedicato ai ciclisti di Montebello. E poi la gente che mi apprezza e che mi conosce. Ormai tutti mi conoscono.”

Angelo Valente Γ¨ mancato ai suoi cari nel 2010 all’etΓ  di 76 anni e riposa nel cimitero di Montebello.

FOTO: 1) Il premio di solidarietΓ  sociale conferito ad Angelo Valente nel 2008 (cortesia Maria Rosa Trentin).
2) Angelo Valente viene premiato dal sindaco Fabio Cisco il 21 settembre 2008 (cortesia Maria Rosa Trentin).

Umberto Ravagnani

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DA UN MONTEBELLO ALL’ALTRO

[375] DA UN MONTEBELLO ALL’ALTRO

Nell’autunno del 1889 Amalia Pasetti, figlia trentacinquenne del dottor Giuseppe, giΓ  sindaco di Montebello, convolΓ² a nozze con il conte Luigi Sparavieri di Verona. La cerimonia fu celebrata nella villa paterna di Amalia conosciuta come palazzo Sangiovanni, e nel corso del Novecento chiamato Freschi-Sparavieri. Nel 1887 Luigi, figlio di Carlo, era rimasto vedovo della baronessa Emma Vranyezany Dobrinovic, morta all’etΓ  di 35 anni, figlia di Giovanni e di Anna Schwarz. Il cui cognome tradisce forse l’origine ungherese se non austriaca.
Amalia Pasetti non era montebellana di nascita. Era venuta alla luce a Vicenza nel 1854 nella parrocchia di san Michele nella quale era ubicato il palazzo dei cugini Gualdo e Pasetti.
Il conte Luigi Sparavieri a sua volta era nato a Verona nella parrocchia della Cattedrale. Incredibile la sequela di ben 12 nomi con cui fu battezzato, tutti per ricordare questo avo piuttosto che un altro: Luigi – Vittorio – Ferdinando – Giovanni – Carlo – Pietro – Antonio – Bartolomeo – Leopoldo – Galeazzo – Giulio – Maria. Circa 15 anni prima Giulia Pasetti, sorella di Amalia, sempre a Montebello, aveva sposato il fiorentino Giovanni Pelli-Fabbroni figlio di Giuseppe e di Rosalia Antinori che nel Battistero di Firenze gli furono dati β€œsoli” 6 nomi ovvero Giovanni – Pietro – Leopoldo – Vincenzo – Giuseppe – Luigi.
Quindi i novelli sposi Luigi ed Amalia erano entrambi figli di madri nobili: come Amalia Pasetti lo era della marchesa Bianca Villani cosΓ¬ Luigi Sparavieri lo era della contessa Giulia di Bagno dei marchesi Guidi. Molto interessante la storia di quest’ultimo casato che in passato vantΓ² tra i suoi membri anche un paio di cardinali.
I Bagno dei Guidi erano i signori di Montebello (ebbene sΓ¬ un altro Montebello) frazione di Poggio di Torriana nell’appennino riminese. Il castello di questi nobili romagnoli si trova sopra un colle a 436 metri di altezza e domina dall’alto la valle del fiume Marecchia ed Γ¨ famoso per un presunto fantasma, di nome Azzurrina, che la tradizione popolare vuole che si aggiri tra le sue mura medievali.1
Tra l’altro la vita della contessa Giulia Bagno dei marchesi Guidi e della sua famiglia ispirΓ² alla scrittrice Olga Visentini (1893 – 1961) l’opera β€œLa Pensierosa” edita nel 1949 e piΓΉ volte ristampata per il successo ottenuto. E’ lunghissimo l’elenco dei pregevoli lavori che nel corso degli anni hanno avuto la luce grazie alla penna di questa straordinaria scrittrice.
Quindi tornando al matrimonio tra i nostri Amalia e Luigi, Γ¨ singolare e casuale come il palazzo Sangiovanni – Pasetti, in occasione di un matrimonio avesse ospitato gli abitanti o gli originari di due paesi entrambi chiamati Montebello, ma distanti 200 e piΓΉ chilometri tra loro.
Alla morte del dott. Giuseppe Pasetti, avvenuta nel 1891, Amalia ereditò la villa paterna che acquisì il nome di palazzo Sparavieri.
Non era certo l’unico palazzo a fregiarsi di questo cognome dato che da Desenzano, sulla sponda bresciana del lago di Garda, fino a Montebello Vicentino passando per Sona, Verona Cerea, Caldiero, citando solo alcune localitΓ , non si contavano e non si contano tutt’oggi, le ville cosΓ¬ nominate.
Amalia morΓ¬ abbastanza giovane nel 1902 e fu sepolta nel Cimitero Maggiore di Vicenza, nella stessa tomba che accolse l’anno seguente anche le spoglie del marito Luigi Sparavieri e piΓΉ tardi quelle della zia Anna marchesa Villani.
Lo storico montebellano Bruno Munaretto ci ricorda nelle sue β€œMemorie Storiche di Montebello Vicentino”,, come nel 1932, anno dell’edizione del libro, la proprietaria della villa, che giΓ  fu dei Sangiovanni, fosse la contessa Eleonora (Maria) Freschi-Sparavieri nata a Venezia il 14 ottobre 1892 nel sestiere di Castello, ma la cui nascita fu registrata anche a Montebello in quanto qui aveva il domicilio la sua famiglia.
La contessa Eleonora Sparavieri, erede di Luigi, sposò Carlo Freschi, friulano di Cordovado (PN) che legò il suo cognome e quello della moglie alla villa di Montebello. Carlo Freschi morì nel 1925, suo unico erede maschio fu Antonio Luigi. La storia della famiglia Freschi racconta che Antonio Luigi morì assai giovane, durante la Seconda Guerra Mondiale, per cui la sorella Nicoletta (mancata nel 2005) divenne sua erede. Nicoletta moglie di Lorenzo Piccolomini, nobile senese, ebbe 10 figli. (OTTORINO GIANESATO)

FOTO: 1) Eleonora Sparavieri Freschi di Cucagna con i figli in una bella foto dei primi del ‘900. (Rielaborazione di una foto da Wikipedia).
2) Stemma dei conti Sparavieri. Blasonatura: d’oro al capriolo di rosso, caricato di tre rose d’argento, bottonato d’oro ed accompagnato da tre sparvieri di nero volanti, i due superiori affrontati. Cimiero: un angelo in maestΓ  nascente, crinito ed alato d’oro, vestito d’argento, portante un pendaglio d’oro. Motto = pax huic domui (Pace a questa casa) (Data di creazione XIV secolo. Rielaborazione da Wikipedia).

NOTE: 1) La leggenda di Azzurrina: la bambina albina che durante il medioevo scomparve misteriosamente senza lasciare alcuna traccia di sé… e che ancora oggi infesta il Castello di Montebello a Torriana! La leggenda narra che il Signore di Montebello, Ugolinuccio Malatesta, avesse una figlioletta di nome Guendalina dai capelli completamente bianchi. La bambina era albina e proprio per questo motivo, a causa del suo aspetto, veniva tenuta nascosta all’interno del castello per proteggerla dalle accuse di stregoneria. A nulla servivano i tentativi disperati della madre di tingerle i capelli con colorazioni naturali che puntualmente scolorivano in un inquietante colore azzurrino… da qui il soprannome Azzurrina.
Una notte, durante il solstizio d’estate del 1375, imperversava un violento temporale e la bambina giocava con la sua palla di pezza per le stanze del castello, sempre sorvegliata a vista da due guardie personali. Improvvisamente la palla rotolΓ² giΓΉ nei sotterranei e cadde nella ghiacciaia (un pozzo profondo chiuso da un’unica botola e senza altre via di uscita). Improvvisamente le guardie udirono un urlo straziante, ma accorse sul luogo dell’accaduto, presso la ghiacciaia, non trovarono nulla: la bambina era svanita, di lei non rimase alcuna traccia e non venne mai piΓΉ ritrovata. Ancora oggi il suo fantasma si aggira per i sotterranei del castello e durante le notti del solstizio d’estate (ogni cinque anni) si possono udire i suoi pianti e lamenti. C’Γ¨ chi dice di averla vista e addirittura dipinta: il quadro appeso sopra il luogo della sua scomparsa infatti sarebbe postumo, creato in seguito alla visione del suo fantasma!

Umberto Ravagnani

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IL PONTE SULL’ACQUETTA

[374] IL PONTE SULL’ACQUETTA

Si sa che fino all’inizio del β€˜500 il torrente Chiampo confluiva nel torrente GuΓ  nei pressi dei confini dei territori comunali di Arzignano e Montorso e con questo diventava un unico ed impetuoso corso d’acqua. Col passar del tempo, a causa delle ripetute rotte, sempre in quel di Arzignano, il Chiampo cambiΓ² direzione scendendo direttamente verso Montebello e unendosi nelle campagne di Montorso con il torrente AldegΓ  che dalle colline di questo paese traeva origine. La nascita del rio Acquetta, nelle dimensioni che tutt’oggi mostra, avvenne quindi nella prima metΓ  del cinquecento, alimentato dalle acque di scolo dei terreni che non poterono piΓΉ confluire, come in passato, nel Chiampo e poi nel GuΓ .
Non Γ¨ escluso che questo rio, prima della menzionata rotta del Chiampo, altro non fosse che un antico e modesto fossato o avvallamento nella zona allora conosciuta come la Valdemexe, usato nei periodi di siccitΓ  come strada. Un corso d’acqua modesto quello dell’Acquetta, ma, alimentato dalle rotte dei due torrenti a lui paralleli, fu capace di sconvolgere la viabilitΓ  maggiore nei pressi di Montebello costringendo per secoli i viandanti ad abbandonare l’antico percorso della Strada Regia e dover utilizzare quello della via centrale del paese che acquisΓ¬ la stessa denominazione.
Delle origini del rio Acquetta ce ne parla un documento del 1661 redatto quando il suo attraversamento in Montebello, nella localitΓ  Borgo, creΓ² non pochi disagi ai viaggiatori e agli abitanti per la mancanza di un ponte.
Come tutti i lavori pubblici importanti anche il cantiere dell’Acquetta ebbe il suo presidente, o meglio i presidenti visto che a sopraintendere all’opera furono designati i conti Lelio Gualdo e Ottavio Sangiovanni. I due eletti si accordarono il 7 Aprile 1661 con Bartolomeo Schiavo spezzapria di Montecchio Maggiore perchΓ© s’impegnasse a cavar le prede che abbisognavano alla erezione del ponte per il prezzo di Marchetti 17 al piede quadro.
Fino a tutto Settembre di quell’anno il valore delle pietre consegnate fu di Troni o Lire 408.17. Invece le pietre di Chiampo impiegate (marmo) per la creazione dei tagliacqua furono valutate Troni o Lire 254.11. Inoltre, tra il 7 Settembre ed il 10 Agosto, furono utilizzati 5600 quadrelli (mattoni) e altri 10380 fino al 2 Novembre.
Gli impresari che si assunsero l’onere dell’esecuzione dei lavori furono Gio.Pietro Cironi (Ceroni) e Pietro Adamo spezzapria. Costoro per la realizzazione del manufatto utilizzarono una macchina edile che mai prima ho trovato impiegata in occasione di lavori simili: l’argano. Il Boerio nel suo β€œVocabolario Veneziano” cosΓ¬ definisce questa macchina β€œstrumento di legno intorno a cui s’avvolge un canapo per uso di tirar in alto prede”. Come si leggerΓ  piΓΉ avanti questa attrezzatura verrΓ  nuovamente reimpiegata confermando quindi la sua grande utilitΓ .
Il Diario dei Lavori riferisce che il 10 Ottobre il macchinario fu rimandato a Vicenza nel si Γ¨ fatto conto haver havuto luogo da dove era stato prelevato meno di un mese prima β€œla detta argana giornate 24”.
Sempre nel Diario dei Lavori Γ¨ annotato in data 25 Agosto un particolare interessante che cosΓ¬ recita: β€œnel cavar il pilon verso Vicenza si scoperse un pilon di pietra antico. Fu deliberato cavar e scoprir (le pietre) e valersene e fu(rono) messe in le infrascritte opere” Quindi non era la prima volta che in quel posto veniva costruito un ponte del quale si era ora persa la memoria. Considerando che l’Acquetta aveva avuto origine dalle rotte dei torrenti Chiampo e GuΓ  circa 150-200 anni prima, la sua erezione non potΓ© avvenire antecedentemente a questo lasso di tempo. Resta il fatto che il suo utilizzo deve essere stato di breve durata. La sua rapida rovina e mancato ripristino Γ¨ da collocarsi a prima del 1590, anno in cui si ricostruΓ¬ il Ponte Morosini o Fracanzana per ovviare alla distruzione della Strada Regia da parte dell’Acquetta che in quello stesso frangente forse spazzΓ² via anche il ponte dimenticato.
Quando l’alveo dell’Acquetta rimase asciutto, condizione che non si verificΓ² abbastanza in fretta nonostante il periodo estivo, i lavori all’ala ebbero finalmente inizio. Tra i prestatori di opere partecipΓ² anche il mio avo Pietro Danesato, (al nipote Francesco il cognome verrΓ  modificato in Gianesato), ed Γ¨ proprio la citazione del suo coinvolgimento nei lavori che rivela la presunta data dell’approntamento dell’ala: 21 Settembre 1678. In quel giorno Pietro Danesato riportΓ² con i suoi buoi l’argana (macchina edile) a Marc’Antonio Righi dopo che questi l’aveva prestata in precedenza al cantiere dell’Acquetta.
Nell’elenco cronologico delle β€œpolizze” (fatture dei lavori) pagate dal Presidente Ottavio Sangiovanni si legge che sempre Pietro Danesato, in data 26 Agosto, condusse per una giornata sabbion al ponte e per questo ricevette 6 Lire. Per la stessa collaborazione prestata il 2 e 3 Settembre Tomaso Civiero ottenne 12 lire ed ancora Pietro Danesato il 7 seguente ebbe ulteriori 6 Lire. Sempre il 7 Settembre a Stefano Perdocimo furono pagate 12 lire per aver trasportato le pietre nere (basalto probabilmente estratto dalla cava della Morsolina giΓ  citata nel 1660). Tra i vari materiali impiegati furono consegnati nel cantiere del Borgo 9 carri di calcina a Lire 18 1’uno, 135 Piedi di pietra di Montecchio a 17 Marchetti cadauno e 14 Piedi di pietra di Brendola a 9 Marchetti. Gio.Maria Bongiovanni dalla Lobbia fornΓ¬ 1333 quadrelli e Bortolamio Bresola prestΓ² la sua opera di marangon. Quelli citati sono solo una parte di quanti contribuirono, a vario titolo, al restauro del ponte. (Da β€œRaccolta storica di Montebello Vicentino”, vol. II, di OTTORINO GIANESATO)

FOTO: 1) Il ponte sull’Acquetta come si presenta oggi. DelΒ  vecchio manufatto e delle sue opere complementari sembra essersi salvato, solo in parte, il discontinuo parapetto di pietra costruito sulla riva destra che in passato era unito al ponte stesso.
2) Secondo il perito Giovanni Briatti così doveva essere costruito il nuovo ponte: con un semplice muro su ciascuna riva. Ma in fase di realizzazione al loro posto si preferì edificare due vere teste di ponte. (Disegno di Ottorino Gianesato)

Umberto Ravagnani

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Lβ€˜UCCELLINO E LA MINIERA

[373] Lβ€˜UCCELLINO E LA MINIERA
Lβ€˜ Uccellino che sta fermando la Miniera Coniston

LINO TIMILLEROCONISTON – Nuovo Galles del Sud (AUSTRALIA)


LINO TIMILLERO, oggi ci racconta ancora una storia dalla lontana Australia sul tema “ambiente“, molto sentito anche da quelle parti.
Β« ADANI, CosΓ¬ si chiama quella che doveva essere la Miniera di Carbone piΓΉ grande di tutte le miniere di carbone esistenti in Australia. Nel 2010, la Signora Blight, che era la Premier del Governo del Queensland, annunciΓ², a nome del Suo Governo (Labor), che la Miniera poteva iniziare le pratiche di prassi per cominciare l’estrazione del carbone.
Si tratta di un tipo di carbone: β€œThermal-Coal”, adatto ad alimentare la produzione di Energia nelle Centrali Elettriche Termali. Si deve pensare che la Miniera si trova a circa 180 Km. dalla costa del North-Queensland. Si dovrΓ  costruire una ferrovia, che, da una, dovrΓ  avere due line, per arrivare a due Porti. Un solo Porto non essendo sufficiente a smaltire l’enorme volume di esportazione calcolata nei piani delle Imprese coinvolte nell’appalto. Come in tante cose, i conti vennero fatti senza nemmeno pensare a ciΓ² che poteva accadere, all’infuori delle aspettative, sia della Adani (Indiana) che del Governo Australiano.
Sul terreno dove fu scoperta l’enorme Miniera, c’era un allevamento di mandrie. β€œCattle-Station” si chiama in Australiano. Grande, 121.000 ettari di estensione! E costΓ² 110 milioni di dollari Australiani al consorzio della Miniera per acquistarlo!!! Si doveva costruire un Aeroporto-Internazionale. Nuove Super-Strade per smaltire l’incremento del traffico stradale che sarebbe aumentato del 90%! Quando le Mandrie di mucche e manzi pascolavano tranquille in quei luoghi, diversi anni or sono, non c’era nulla attorno. Solamente le abitazioni per le persone ed i bisogni degli β€œStockmen”, come si chiamano i β€˜cow-boys’ Australiani. Se sono molto giovani, vengono chiamati ’Jackaroos’. E nulla piΓΉ. Per Miglia e Miglia. Forse, poco lontano, un piccolissimo aeroporto per emergenze di grave necessitΓ .
La presenza degli Aborigeni era saltuaria, non essendovi Missioni di alcun genere, per la lontananza dai centri abitati. Un buon numero degli β€œStockmen” saranno stati sicuramente Aborigeni. Ma la loro voce indignata si fece sentire non appena i loro β€œElders” vennero a conoscenza che quella grande estensione di terra doveva diventare una grande Miniera di Carbone. Come, imperiosa, divenne, man mano, la voce degli β€˜Ambientalisti’. Si cominciΓ² a parlare delle Specie di animali che vivevano da quelle parti. Degli alberi che crescevano solamente in quei luoghi. Nel frattempo, con nuove Elezioni, era cambiato il Governo! Da Laburista a Liberal-Conservatore. AimΓ¨!!! Gridarono gli β€˜Ambientalisti’! Dalla padella nella brace!!! A Canberra, il Governo Federale era pure Liberal-Conservatore. Cosa fare??? A nove anni dall’annuncio fatto dall’allora Governo del Queensland, la situazione della Miniera Γ¨ molto cambiata. Per salvare quello che si poteva e doveva salvare della Fauna e della Flora in β€œSitu”, la Mega-Miniera divenne solo una Miniera. Le Tonnellate di Carbone che si dovevano estrarre annualmente, vennero dimezzate. E poi, dimezzate ancora! I 2500 operai stranieri che dovevano arrivare, non verranno piΓΉ. SarΓ  sufficiente la manodopera locale. Anche la nuova cittΓ  che doveva sorgere per ospitare le maestranze, non sarΓ  piΓΉ grande di un paese. Ma, tra gli attivisti, ha cominciato a serpeggiare un dubbio. Molti non vogliono nemmeno accennarne! Verso la metΓ  di Maggio, ci saranno le nuove Elezioni Federali! Cosa accadrΓ  se vinceranno ancora, nonostante tutto, i Liberal-Conservatori??? Qualcuno ha cominciato a reclamizzare la β€œClean Coal Power”. Sembra essere un nuovo metodo di usare il Carbone nelle Centrali, per produrre Energia Elettrica senza l’Emissione eccessiva che, al momento, causa una buona parte del surriscaldamento del Pianeta.
Quasi a rinvigorire la causa degli β€˜Ambientalisti’, si Γ¨ fatta viva, dove la Miniera sarΓ  piΓΉ produttiva, una colonia di Finci. È una sotto-specie del β€œBlak-throat finch”. È giΓ  stato riportato come, questo uccellino, abbia perso piΓΉ di 80Km. quadrati dello spazio in cui viveva. Si tratta di un minuscolo volatile. Come tanti della sua specie, che hanno i colori piΓΉ svariati, questo ha il collo ed il sotto testa nero. Si nutre di semi. Le semenze delle piante e degli arbusti che crescono, anche quelli, β€˜in situ’. L’Amministratore Delegato della Adani ha promesso che il problema sarΓ  risolto nel migliore dei modi. Forse, accadrΓ  cosΓ¬. Come???
Gli β€˜Ambientalisti’, si sono giΓ  spinti verso i luoghi dove dovrΓ  essere costruita la nuova ferrovia che si biforcherΓ  per arrivare alla Costa. Uno dei Porti, Abbots Point, Γ¨ giΓ  in uso. Cosa troveranno quelle persone? Altri animali o piante in pericolo di estinzione se la costruzione della linea ferroviaria procederΓ ? Da notare come le Banche Australiane si siano ritirate dal sovvenzionare la Miniera! Nel 2010 sembrava che, almeno in parte, ci sarebbe stata una partecipazione da parte degli Istituti Finanziari Australiani. Ma ciΓ² non accadde. Per la percezione che dΓ  la massa della popolazione Australiana. La quale, nonostante tutto, Γ¨, in buona parte, contraria allo sviluppo della Miniera. È accertato che, la ricchezza dell’Australia, sta nell’abbondanza dei Minerali che sono esportati a tutte le Nazioni che ne hanno bisogno. Attualmente, nessuna automobile viene costruita in Australia! Come Γ¨ accaduto in altre parti del Mondo, le Imprese vanno in Cina. E dalla Cina, dal Giappone e da altre parti, importano quello che, prima, veniva fatto qui. La disoccupazione Γ¨ sempre uno spauracchio tremendo. Che sia causato dalle importazioni o dal prezzo del Petrolio, per chi ha il desiderio e la necessitΓ  di lavorare, non trovare alcun lavoro Γ¨ terribile. Per la famiglia e per se stessi!
CiΓ² nonostante, comincia a farsi strada la paura di procurare la Morte del Pianeta! E la paura di non far piΓΉ in tempo a rimediare a ciΓ² che di male si Γ¨ giΓ  commesso! Non si puΓ² piΓΉ dire: β€œNon sono stato io!” Non si puΓ² piΓΉ dire: β€œSono stati gli altri!” A chi potrΓ  rivolgersi: β€œThe Blak Thoat Finch” se non troverΓ  piΓΉ gli alberi dove farsi il nido ed i semi da mangiare? È questo vale per gli Esquimesi! Per i Mongoli della Siberia! Per i Lapponi! Per gli Indii dell’Amazzonia! Ed anche per gli Aborigeni Australiani! Hanno sofferto abbastanza ed hanno corso il grave rischio di una estinzione da paragonare al Genocidio! SarΓ  quello che accadrΓ  al β€œBlak Throat Finch”? Ed ai figli dei figli dei nostri figli? Β» Lino Timillero – Coniston 7-5-2019.

Foto: Veduta della grande miniera a cielo aperto di Adani nel Qeensland (Australia).

Umberto Ravagnani

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IL CANTO DELLA STELLA

[372] IL CANTO DELLA STELLA

Il Natale Γ¨ reso ancora piΓΉ speciale grazie a storie che pochi conoscono. Il racconto di oggi lo conferma senz’altro grazie a Giorgio Trentin e a don Franco Corradin (all’epoca del racconto era Cappellano a Montebello), ideatori del nostro “Gruppo della Stella“. Ecco il racconto di Giorgio Trentin.
Β« Il giorno 11 dicembre 2023 scorso Γ¨ iniziato il cosiddetto β€œCANTO DELLA STELLA”, sul camioncino dove Γ¨ stato allestito un bel Presepio Γ¨ stata posta una grande stella sul frontespizio. Una voce dall’interno, tramite un altoparlante, va propagandando lo scopo di tale iniziativa passando per tutte le vie di Montebello e facendo a tutti gli auguri di Buon Natale a nome anche dei nostri MISSIONARI, alternandoli con bei canti natalizi.

A seguito del camioncino un buon numero di β€œpastori” addobbati per l’occasione con dei mantelli (i cosiddetti β€œtabarri”), muniti ognuno di una borsetta (trattasi di giovani volonterosi) perchΓ© le persone generose gradendo gli auguri e ammirando il presepio mettono un’offerta che, come annunciato, andrΓ  ai missionari operanti nei Paesi del cosiddetto β€œTERZO MONDO”. Questo giro della β€œSTELLA” normalmente si svolge in dodici serate.

Qualche sera fa una ragazza del Gruppo, a nome anche degli altri volontari, ha chiesto da quanti anni esiste questa tradizione, cioΓ¨ da quando il Gruppo Missionario denominato β€œGruppo Missionario Terzo Mondo” ha iniziato il β€œCANTO DELLA STELLA” durante il periodo natalizio. Avvolgiamo il β€œnastro” del racconto e arriviamo agli anni antecedenti il 1970. A quel tempo in Parrocchia operava un Cappellano, Don Franco Corradin, al quale Γ¨ venuta l’idea di fare qualcosa di concreto per aiutare tanti poveri del cosiddetto β€œTerzo Mondo”, sostenendo l’attivitΓ  dei Missionari, dei nostri Missionari operanti in Terre dove regna povertΓ  assoluta. Alcuni giovani si sono resi disponibili, pronti ad aiutarlo in qualsiasi forma fosse stata concretizzata la sua idea che era proprio quella di iniziare a coinvolgere la gente illustrando una bella iniziativa che avrebbe dato a tanti, la possibilitΓ  di compiere atti di generositΓ  proprio attraverso il β€œCanto della Stella”. Ma era necessario un mezzo, un camioncino per porvi il PRESEPIO e una stella luminosa, ed ecco che Don Franco decide di scrivere all’avvocato GIANNI AGNELLI (fondatore insieme ad altri della FIAT) illustrando la sua idea e richiedendo un aiuto per poterla attuare. La lettera firmata da Don Franco e dai suoi giovani che lo sostenevano ha avuto effetto: l’avvocato Agnelli infatti ha risposto donando un camioncino da ritirare presso la succursale di Cologna Veneta. Detto e fatto: a NATALE del 1969 veniva, per la prima volta, eseguito il β€œVIAGGIO DELLA STELLA” con un camioncino, ad opera di DON FRANCO CORRADIN, GIORGIO TRENTIN, MARIELLA MARCHIORI, SILVANO MISTRORIGO, GIGI ZOCCANTE, MICHELA ARGUELLO e ANNA LUCERNA, mentre prima, un paio d’anni precedenti, viaggiavano con un carretto. Prendeva cosΓ¬ vita un GRUPPO denominato, appunto, β€œGRUPPO MISSIONARIO 3Β° MONDO”, che giΓ  l’anno successivo (1970) si arricchiva di volonterosi pronti a cimentarsi con β€œLA STELLA” e via via il GRUPPO Γ¨ diventato numeroso tenendo fede all’ideale missionario (sgorgato dal cuore di DON FRANCO CORRADIN), ma non solo anche a dare vita ad altri lavori che avrebbero aumentato gli introiti per sostenere le Missioni.
W il β€œGRUPPO MISSIONARIO 3Β° MONDO”! W la β€œSTELLA”!Β Β» GIORGIO TRENTIN

FOTO: 1) Il furgone della “STELLA” donato dall’avv. Giovanni Agnelli (cortesia Maria Rosa Trentin).
2) Il gruppo del “CANTO DELLA STELLA” in una foto ricordo (cortesia Maria Rosa Trentin).

Umberto Ravagnani

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L’UFFICIO POSTALE DI MONTEB.

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LA SAGRA DI SAN FRANCESCO

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IL CARRETTIERE SCOMPARSO

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I CALDERAI A MONTEBELLO

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GEMMA BERTONCIN

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DALLE STALLE ALLE STELLE

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DUE SACERDOTI DEL PASSATO

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IL TRENO DEI DESIDERI

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LA MAESTRA CATERINA BERGAMI

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L’HOBBY DEI CAPITELLI

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IL VALORE DELLE DONNE

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LA NOBILE ECLETTICA PITTRICE

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MEMORIA PER ARRIGO PEDROLLO

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IL CAPORALE SUL VAJONT

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DUE FAMIGLIE RAMPANTI

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NASCE IL VOLLEY FEMMINILE

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L’ORATORIO DI SANT’EGIDIO

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IL TEATRO A MONTEBELLO

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PROFUMO DI ESSENZE DI MONT…

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IL CAV. FELICE CARLOTTI

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