[450] LA SOLENNE 2025
La fede che non sbiadisce
Montebello Γ¨ pronto. Le strade sono ornate con fiori freschi, le finestre decorate con drappi colorati, e nellβaria si respira quellβattesa che precede gli eventi davvero importanti.
Domenica 4 maggio Γ¨ uno di quei giorni speciali: dopo dieci anni di attesa β e unβassenza forzata dovuta alla pandemia β torna la βSolenneβ, la processione in onore della Madonna di Montebello. Γ la 28Βͺ edizione, e il paese Γ¨ pronto a celebrarla con il cuore. Ma la Solenne Γ¨ molto piΓΉ di una processione. Γ un evento che affonda le sue radici nel profondo della storia e nellβanima della comunitΓ . Non Γ¨ solo un rito religioso: Γ¨ un momento collettivo in cui il paese ritrova se stesso. Γ lβoccasione per stringersi attorno alla propria identitΓ , per ricordare chi si Γ¨, da dove si viene, e per guardare avanti con la forza del passato alle spalle.
Ogni cinque anni, Montebello si ferma e si raccoglie. I bambini crescono con la Solenne come punto di riferimento: cβΓ¨ chi ricorda la prima volta da piccolo, sulle spalle del padre, chi la collega a un evento importante della propria vita, una comunione, un matrimonio, o anche un lutto. La Solenne scandisce il tempo con un passo lento ma costante, come il battito regolare di un cuore che non smette mai di pulsare.
Dietro a questa celebrazione cβΓ¨ un lavoro lungo e minuzioso. Ogni dettaglio viene curato con attenzione: la statua viene sistemata e pulita, i paramenti religiosi verificati uno a uno, le confraternite richiamate allβordine, i cori si preparano per settimane. Ma ciΓ² che rende la Solenne davvero unica Γ¨ la partecipazione della gente. Non ci sono spettatori: tutti fanno parte della scena. Gli anziani, i giovani, le famiglie, i bambini… tutti insieme, uniti, sotto lo stesso cielo, seguono la Madonna tra canti, preghiere e silenzi carichi di significato.
Questa festa non Γ¨ nata per caso. La devozione della comunitΓ verso la Madonna risale a unβepoca lontana, quando il paese fu messo alla prova da eventi drammatici. Sul finire del Settecento, Montebello si trovΓ² a fronteggiare due catastrofi che avrebbero potuto spezzarne lo spirito. Invece, contribuirono a rafforzarlo.
Nel 1791, unβepidemia di tifo colpΓ¬ con ferocia. Le persone si ammalavano in fretta, i giovani erano i piΓΉ colpiti, e la medicina del tempo era impotente. I medici non potevano far nulla, e la paura si diffondeva come il contagio. Le strade si svuotarono, le case si chiusero nel silenzio e nello sgomento. In quel buio, la gente si aggrappΓ² allβunica speranza rimasta: la fede. Le preghiere diventarono incessanti, si recitavano rosari notte e giorno, si invocava la Madonna con voce tremante. E accadde qualcosa di inspiegabile: lβepidemia si fermΓ², bruscamente, senza un motivo razionale. Per gli abitanti, non ci furono dubbi. Era un miracolo.
Due anni dopo, unβaltra emergenza colpΓ¬ Montebello. Questa volta fu la siccitΓ . I campi si seccavano sotto il sole implacabile, la terra si spaccava, e la fame sembrava imminente. Di nuovo, la popolazione si rivolse alla Madonna. Organizzarono una processione speciale, portarono la statua per le strade del paese. Quella sera stessa, il cielo cambiΓ² volto: nuvole nere si addensarono e la pioggia cadde, abbondante. I raccolti furono salvi. Il paese, ancora una volta, si sentΓ¬ protetto.
Da quella riconoscenza nacque un culto profondo. I fedeli iniziarono a offrire ceri, doni, denaro. Parte di questi vennero destinati alla costruzione di un nuovo altare in marmo, per rendere onore alla Madonna. Ma la costruzione della nuova chiesa assorbì le risorse, e il progetto restò sospeso.
Solo nel 1811, grazie alla generositΓ di un devoto di nome Antonio Bevilacqua, si riuscΓ¬ ad acquistare un altare in marmo proveniente dal monastero del Corpus Domini di Vicenza, chiuso nel frattempo. Lβaltare era una vera opera dβarte, realizzata dagli scultori Orazio Marinali e Giovanni Cassetta. Ma cβera un problema: era troppo grande per la cappella di Montebello. Si tentarono degli adattamenti, prima con un rivestimento in mattoni, poi con una decorazione dorata in legno. Ma nulla convinceva davvero. Il risultato era goffo, e la gente lo sentiva. Il nodo venne sciolto nel 1885, quando il prevosto don Giuseppe Capovin decise di intervenire. AffidΓ² il restauro a Francesco Cavallini, uno scultore esperto di Pove del Grappa. Cavallini riprogettΓ² lβaltare con intelligenza e sensibilitΓ , rispettando le proporzioni dello spazio e riuscendo nellβimpresa: lβaltare, finalmente, sembrava nato per stare lΓ¬.
Durante i lavori, la statua della Madonna fu spostata temporaneamente nella vecchia chiesa di San Francesco. Ma don Capovin capΓ¬ che il ritorno non poteva essere anonimo. CosΓ¬ propose qualcosa di nuovo: una grande processione pubblica per riportare la statua al suo posto. Era il 26 aprile, e Montebello rispose con entusiasmo. Il paese si mobilitΓ²: archi fioriti lungo le strade, case addobbate, cori, preghiere. Migliaia di persone arrivarono anche dai paesi vicini. Fu un giorno indimenticabile. Quel momento fu cosΓ¬ sentito e partecipato, che don Capovin comprese quanto la comunitΓ avesse bisogno di un appuntamento simile. CosΓ¬ nacque lβidea di renderlo un rito stabile: ogni cinque anni, la prima domenica di maggio, la Madonna sarebbe tornata in processione tra la sua gente. Nasceva ufficialmente la βFesta della Solenneβ.
Da quel giorno del 1885, la Solenne non Γ¨ mai venuta meno. Ha resistito a tutto: due guerre mondiali, cambiamenti sociali profondi, e perfino alla recente pandemia. Solo nel 2020, a causa del Covid, fu necessario sospendere tutto. Ma quello fu solo un momento di pausa, non una fine. Ora, Montebello Γ¨ di nuovo pronto.
Ogni volta che arriva, la Solenne non Γ¨ mai identica alla precedente. Eppure, porta sempre con sΓ© lo stesso spirito. Γ una memoria viva, che si rinnova e cresce. Γ un patto rinnovato tra la gente e la propria storia. Γ una promessa mantenuta, anno dopo anno, decennio dopo decennio.
Nel giorno della Solenne, Montebello si trasforma. Le strade, i volti, i canti, tutto parla di appartenenza. Γ come se il tempo si fermasse, e la comunitΓ , intera, potesse guardarsi negli occhi e dire: βSiamo ancora qui. Insieme.β Ed Γ¨ proprio in questo gesto collettivo che si trova la forza di un paese. Un paese piccolo, forse, ma con una storia grande, che continua a camminare al passo lento e solenne della sua devozione.
E così, ogni cinque anni, Montebello scrive una nuova pagina del suo libro. Lo fa con le mani unite, i piedi in cammino, gli occhi rivolti alla statua della Madonna. Perché, alla fine, la Solenne è proprio questo: la fede che non si spegne, la storia che non si dimentica, e un popolo che, anche dopo 140 anni, continua a credere nella bellezza di ritrovarsi e camminare insieme.
FOTO: La Solenne del 2025 (foto Umberto Ravagnani).
Umberto Ravagnani
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