[160] IL CAPITELLO Dl SELVA DI MONTEBELLO
Dal libro “La religiositΓ popolare nei Capitelli e gli Oratori a Montebello Vicentino” di Dima Luisa Franchetto e Silvana Marchetto, Amici di Montebello – 2005.
Β« Γ dedicato a Maria Libera. Un’anziana del luogo dice che Γ¨ stato costruito nel 1866. Il dipinto Γ¨ opera del pittore Lino Lovato e, piΓΉ tardi, Γ¨ stato restaurato da Michelangelo Valbona Β».
L’attribuzione alla Madonna del termine ‘Libera‘ lo troviamo in molte comunitΓ sparse in Italia, la piΓΉ famosa delle quali Γ¨ certamente quella di Benevento con la sua Maria Santissima della Libera dove apparve il 2 luglio 663 e la liberΓ², dall’assedio dell’imperatore bizantino Costante II. Considerando che l’anno presunto di costruzione del nostro capitello di Selva Γ¨ il 1866, si puΓ² ragionevolmente supporre che l’attributo ‘libera‘ le sia stato dato in occasione della liberazione del Lombardo Veneto dalla dominazione austriaca.
Come giΓ scritto l’attuale dipinto del capitello di Selva Γ¨ stato realizzato da Lino Lovato che la nostra Associazione evoca proprio questa settimana con la Mostra-ricordo dedicata a lui. Riportiamo qui l’accurata descrizione dell’opera artistica di questo nostro compaesano, scomparso nel 1984, espressa da Cristina Crestani in occasione della mostra a lui dedicata nel 2007:
Β« LINO LOVATO Arte β vita β Arte
Disegni dβornato e bassorilievi in gesso di putti danzanti decorano le pareti dellβaula; sulla cattedra troneggia il calco di una testa apollinea. Alcuni adolescenti, seduti su grezze panche, sono intenti a copiare oggetti semplici. Li sorveglia dal fondo della stanza il maestro, un ragazzo di poco piΓΉ grande di loro, magro, alto, i capelli e gli occhi nerissimi, dallβaria seria, consapevole del ruolo. CosΓ¬ ce lo rimanda una foto dei primi anni β40, Il giovane Lino, non ancora ventenne, sostituiva nella Scuola dβArte e Mestieri di Montebello lβinsegnante di disegno richiamato alle armi. Aveva respirato il gusto per le belle forme, per la decorazione e la manipolazione della materia fin dallβinfanzia, nella falegnameria del padre. Aveva affinato le sue qualitΓ artistiche frequentando per quattro anni, dal 1939 al 1942, a Vicenza i Corsi di arte applicata condotti dal Prof. Benella. Successivamente, nello studio vicentino dello scultore Gino Tossuto, approfondiva la pratica delle tecniche scultoree e acquisiva conoscenze di anatomia. Le prime esperienze lavorative le fece nel laboratorio del padre, perΓ² lβintaglio decorativo del legno non poteva certo bastargli: troppe sensazioni, troppe emozioni e aspirazioni lo invadevano. Bisogna immaginarcelo, pieno di talento e di sogni, cercare una propria via negli anni plumbei del dopoguerra. Il fascismo, retorico e ridondante immagini magniloquenti, gli aveva certamente eccitata lβimmaginazione, LβItalia del dopoguerra era tutta una maceria e la ricostruzione procedeva lenta, fatti di piccoli passi, di piccole cose: Lino ci si doveva adeguare. Alternava lβaiuto al padre ai bassorilievi di Madonne lignee, alla pittura di paesaggi e nature morte, a restauri di vecchi dipinti; decorava anche tessuti per freschi abiti estivi di vezzose fanciulle. Le prime opere pittoriche rivelano unβadesione al vero, il tentativo di dare anima ad oggetti di poco conto, legati alla quotidianitΓ . Dipinge minuscole tele dove noci, mele, kaki, mandorle vengono minuziosamente indagati, interi o spezzati, con semi e bucce in evidenza; raffigura anche il suo violino. Amava quel violino, Nei momenti in cui anelava ad una maggiore intimitΓ con se stesso, lo estraeva con delicatezza dalla sua custodia, lo appoggiava sulla spalla e suonava. Le dita affusolate districavano le note e i suoni acuti che faceva emettere allo strumento avevano assonanze con i suoi pensieri, anchβessi acuti, talvolta striduli. Convivevano in lui la consapevolezza del proprio valore e la sensazione di soffocare nel ristretto ambiente paesano. Lβansia di fare, di provare, di conoscere si smorzava, sβannacquava nel timore per unβimpresa troppo ardua. Lβinibizione diventava rovello, chiusura. Guardava alle immagini riprodotte nei testi dβarte, alla pittura italiana dei tempi andati, ai capricci settecenteschi, ai tenebrosi paesaggi romantici, poi si avventurava a cercar raffigurazioni di avanguardie moderne. Quello che riesce a captare lo stimola, lo eccita, cerca di imitarlo. Le sue prime prove moderne sono cubiste, con essenziali forme geometriche e la stesura piatta del colore. Attraverso questi studi muta il suo modo di vedere, lβimmagine diviene essenziale, sintetica, egli realizza lβidea con immediatezza, con interventi minimi. Lβosservatore si trova di fronte ad un risultato subitaneo, spontaneo, espressivo. Agli inizi degli anni β70 si specializza nellβesecuzione di lavori con la spatola, un attrezzo lungo e sottile che maneggiava con estrema maestria. Eβ questo il suo periodo piΓΉ fecondo, fatto di impressioni grumose di colore, di tocchi impercettibili, di vibrazioni di luce, di levitΓ e materia allβunisono. Realizza unβinfinitΓ di tavolette con visi, paesaggi mediterranei dalle bianche casette baciate dal sole; lussureggianti boschetti di materia pittorica intrecciata, ingarbugliata; grigie periferie urbane, velieri trascinati dalla tempesta. Col passar del tempo la forma si dissolve sempre di piΓΉ e lo stile di Lino va a sconfinare nellβespressionismo astratto, materico. Intitola le schegge di luce-colore. Esplosione.
Il mondo della sua infanzia e giovinezza Γ¨ completamente mutato, gli amici con cui trascorrere le nottate a chiacchierare sono altrove impegnati, la societΓ disdegna il culto del bello, Γ¨ divenuta competitivitΓ , ricerca spasmodica dellβinteresse. Lino alterna periodi di ignavia a giorni dβintenso lavoro. Poi porta le sue piccole opere al bar di fronte a casa le dona. Non riesce ad accomunare il suo lavoro, fatto con lβanima, frutto dβispirazione e spiritualitΓ , a qualcosa di venale. Non riesce neppure a pensare ad una mostra personale, nΓ© ad organizzarla. I fiori sbocciano, gli uccelli volano, i pesci guizzano nellβacqua: Lino dipinge con la stessa gratuitΓ . La sua mente andava a San Francesco, al Discorso della Montagna, al Cristo che dipinge piΓΉ volte Crocefisso. La spatola lascia segni concitati, rotti; i colori contrastanti urlano; lβopposizione dei bianchi col nero drammatizzano ancor piΓΉ lβevento. La bellezza classica, inseguita negli anni giovanili, non Γ¨ piΓΉ raggiungibile, la realtΓ pare tutta frammentata e sulla tela si tramuta in schegge sempre piΓΉ cupe e dissonanti. I suoi ultimi lavori sono sublimi: sfarfallii di disperazione dβun espressionismo di altissima qualitΓ . Il disfacimento dellβuomo, del suo fisico e di ogni suo sogno, coincidono con lβassoluta purezza ed espressivitΓ artistica Β».Β Β Cristina Crestani
Umberto Ravagnani
Foto: Il Capitello di Selva di Montebello in una foto del 2010 (APUR – Umberto Ravagnani).
CHI ERA LINO LOVATO? (scarica la locandina)
AI LETTORI: L’Associazione Amici di Montebello sta preparando un evento per ricordare il nostro concittadino LINO LOVATO, pittore e scultore buono, generoso, sensibile, autore di molte opere artistiche. Chi avesse informazioni, aneddoti, suoi quadri, etc., Γ¨ invitato a mettersi in contatto con la redazione tramite e-mail, sms o cellulare (vedi a fondo pagina). L’evento Γ¨ stato fissato per il 6-7-8 dicembre 2019. |
Se hai FACEBOOK e l’articolo ti ha soddisfatto metti MI PIACEΒ
Oppure lascia un commento qui sotto…