[13] LA NOVA CESA
“La nova cesa” cosΓ¬ possiamo sintetizzare la composizione in rime che l’anonimo poeta (si sottoscrive un servitor fervente), nei primi anni del 1800 (1), colmo d’entusiasmo dedica alla nuova chiesa di Montebello ormai completata (2). La poesia, conservata nell’archivio della Chiesa Prepositurale, si compone di 36 quartine binate, in rima libera, scritta in lingua dialettale. Narra della inadeguatezza della vecchia chiesa costruita nel 1436 (3) a soddisfare le esigenze dei fedeli, l’impegno di tutta la comunitΓ a sostenere lo sforzo economico per finanziare l’opera, l’orgoglio della popolazione per aver costruito un edificio che si distingue per la imponenza, che riceve le lodi dei forestieri e che viene ammirato ed invidiato da tutte le comunitΓ circostanti. Conclude manifestando la soddisfazione di lasciare questo patrimonio cosΓ¬ importante alle future generazioni.
L’autore sicuramente non rientra nella cerchia dei noti montebellani (4) “che per diletto proprio e/o altrui” hanno composto odi, poesie, memorie e cronache in quanto le loro composizioni sono sempre scritte in corretta e talvolta forbita lingua italiana dell’epoca. Escludiamo anche che possa essere uno dei sacerdoti presenti in quel periodo in paese in quanto la composizione sarebbe stata sicuramente piΓΉ leziosa, ricca di fronzoli e riferimenti biblici mitologici come era ancora in uso in quel periodo tra le persone di una certa cultura. Il nostro anonimo poeta invece usa la lingua dialettale, che presenta sfumature padovane-veneziane in alcuni vocaboli, e la trascrive, saremo portati a dire (5), con alcuni errori ortografici, diretta trasposizione della lingua parlata, derivanti forse da un’istruzione autodidatta.
Il pregio di questa composizione non Γ¨ certo da ricercarsi nella perfezione delle rime o nella terminologia usata, ma nella visione dello spaccato storico in cui viene vissuto l’avvenimento da parte di tutta la comunitΓ . La quale dopo un iniziale entusiasmo, seguito da una momentanea titubanza, ci dimostra essere unita, attiva solidale e fiduciosa oltre che sulle proprie forze soprattutto sull’aiuto che la Provvidenza non nega a chi in Lei confida. (Parvusaldus)
Note
(1) Tale presunta datazione della composizione Γ¨ suffragata dal riferimento al Vescovo di Vicenza Marco Zaguri presente negli anni 1803-1812
(2) In quel periodo rimane ancora da completare la monumentale facciata che sarΓ realizzata negli anni 1874
(3) Faccioli nel suo “Museo lapidario Vicentino” riporta la seguente iscrizione collocata nella vecchia chiesa di Montebello: “Maistro Manfredin de ravena fecit A.D. MCDXXXVI”
(4) Questi sono: Francesco Bonomo, Domenico Cenzatti, Pompeo Conforti, Bartolomeo Guelfo, Celeste Bonvicini)
(5) Attualmente alcuni esperti della lingua veneta, ritenendola essenzialmente usata nella forma parlata, ammettono la sua libera materializzazione nella forma scritta che puΓ² non essere rispettosa delle regole ortografiche della lingua italiana.
Quatro ciacoe ala bona, soa costruzion dea nova cesa de Montebelo – “Fine Setesento – Inissio Otosento”
Sonè campane a festa, essendo stà rifata La cesa del paese El cuerto nol tegnea, No se podea restare, E po la iera picola E alora se decide E far cussì pi granda Ed eco se scominsia: |
Tirando zo el coerto I veci i se spaenta Ma dopo i la capisse I vol che nel rifarla E se se fa dei debiti Laorando tuti insieme Alra se se impegna Ghe cuei che cava i sassi Chi gΓ le vache magre |
Par descargar la roba che riva da lontan, co sona la campana, se core a dar na man. I bravi muradori A man che se vΓ vanti Insoma cuΓ cristiani Do’ siori del paese Adesso si la Cesa E cuei de Montebelo Adesso resta i debiti, Se sΓ che per pagarli |
E infati on giorno ariva La zente la se impegna E pΓ² i ghe dΓ i uvi, Adesso on po a la volta Che i ga na bela Cesa E femo pure festa A tuta cuea zente E come conclusion E nea nostra vita |
Firmato: on servitor fervente.
Parvusaldus (dal NΒ° 2 di AUREOS – Giugno 2002)
Figura: cartolina dei primi anni del ‘900 (collezione privata del redattore).
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