Categoria: <span>TUTTE LE ATTIVITÀ 2017</span>

Attività 2017

attività 2017

Sono aperte le iscrizioni all’Associazione Amici di Montebello per il 2017 (La quota di iscrizione verrà restituita con la gita sociale).


SALVIAMO IL POZZO DEI CONTI SANGIOVANNI
SALVIAMO VILLA MIARI

Disponibile il libro di Umberto Ravagnani: CARTOLINE CHE RACCONTANO …
Disponibile il libro di Ottorino Gianesato: I SOLDATI DI MONTEBELLO CHAMATI ALLE ARMI NELLA GUERRA 1915-18
Disponibile il libro di Ottorino Gianesato – Umberto Ravagnani – Maria Elena Dalla Gassa: LA “SCUOLA VECCHIA” ELEMENTARE DI MONTEBELLO VICENTINO (col. 5aacc5)

ASSOCIAZIONE AMICI di MONTEBELLO

36054 Montebello Vicentino (VI)
TEL. 333-2688220
Email: info@amicidimontebello.it

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14 Dicembre 2017: MONTEBELLO – UN FANTASTICO VIAGGIO IN CINA

 

La Cina è una Repubblica popolare in cui il potere è esercitato dal solo Partito Comunista Cinese. Il governo ha sede nella capitale Pechino ed esercita la propria giurisdizione su ventidue province, cinque regioni autonome, quattro municipalità direttamente controllate (Pechino, Tientsin, Shanghai e Chongqing) e due regioni amministrative speciali (Hong Kong e Macao) parzialmente autonome. La Cina rivendica la propria sovranità anche sull’isola di Formosa, che considera ufficialmente una sua provincia, sulla quale non esercita tuttavia alcun controllo diretto. L’isola è dal 1949 sotto il controllo del governo della Repubblica di Cina (Taiwan). La complessa condizione politica di Taiwan è una delle conseguenze della guerra civile cinese che ha preceduto la fondazione della Repubblica Popolare Cinese.

Con la sua superficie di circa 9 572 900 chilometri quadrati la Cina è il terzo Paese più grande del mondo per superficie. Il paesaggio della Cina è vasto e diversificato: va dalle steppe della foresta e i deserti dei Gobi e del Taklamakan nell’arido nord alle foreste subtropicali e umide del sud. L’Himalaya, il Karakoram, il Pamir e il Tian Shan sono le catene montuose che separano la Cina meridionale dall’Asia centrale. Il Fiume Azzurro e il Fiume Giallo, rispettivamente il terzo e il sesto più lunghi del mondo, scorrono dall’altopiano del Tibet verso la costa orientale densamente popolata. La costa della Cina lungo l’oceano Pacifico è lunga circa 14.500 chilometri ed è delimitata dal mare di Bohai, dal mar Giallo, dal mar Cinese Orientale e dal mar Cinese Meridionale.

L’antica civiltà cinese – una delle prime al mondo – si sviluppò inizialmente nelle pianure comprese tra il Fiume Giallo e il Fiume Azzurro. A partire dall’età del bronzo (verso la fine del II millennio a.C.) si ha evidenza di strutture feudali, in cui i nobili si raccoglievano intorno a monarchie ereditarie. Vi sono testimonianze di una casata regnante nella prima metà del I millennio a.C., nota come dinastia Zhou, il cui declino condusse alla nascita di un discreto numero di regni indipendenti in competizione per il predominio sulla regione, con stagioni di conflitto che si fecero particolarmente accese nel periodo che va dall’VIII al III secolo a.C. Nel 221 a.C. lo Stato di Qin sconfisse e conquistò i territori di tutti gli altri Stati combattenti dando vita al primo impero della storia cinese sotto la dinastia Qin.

Da quel momento il titolo di imperatore della Cina divenne il sinonimo della raggiunta supremazia. La dinastia Qin non durò a lungo, ma i popoli precedentemente conquistati vennero poco dopo riuniti sotto l’egida della dinastia Han (III secolo a.C.-III secolo d.C.). I quattro secoli in cui regnarono i sovrani della dinastia Han sono considerati cruciali per la definizione e affermazione della identità culturale cinese, tanto da divenire il termine con cui i cinesi definirono se stessi (con il termine appunto di etnia o popolo han). Da allora la storia cinese ha visto l’alternarsi di periodi di divisione e fasi di unificazione, con conseguenti periodi di frammentazione, contrazione o espansione territoriale, sotto l’egida di diverse dinastie, talora di etnia straniera (come nel caso dei mongoli o dei mancesi).

L’ultima dinastia fu quella dei Qing, il cui regno si concluse nel 1911 con la fondazione della Repubblica di Cina. Dopo la sconfitta dell’Impero giapponese durante la seconda guerra mondiale il Paese fu scosso dalla guerra civile che vedeva contrapposte le forze nazionaliste del Kuomintang, il partito che allora deteneva il governo del paese, e le forze facenti capo al Partito Comunista di Cina. Nel 1949 la guerra si concluse con la sconfitta del Kuomintang e la fuga del governo nazionalista sull’isola di Formosa, nella cui capitale Taipei ha tuttora sede l’attuale Repubblica di Cina, altresì nota come Taiwan. In seguito alla vittoria conseguita sul continente il 1º ottobre del 1949 a Pechino le forze comuniste guidate da Mao Zedong proclamarono ufficialmente la nascita della Repubblica Popolare Cinese.

Dopo l’introduzione di riforme economiche nel 1978 la Cina è diventata l’economia dalla crescita più rapida al mondo. A partire dal 2013 è la seconda economia più grande al mondo sia come PIL totale nominale, sia per parità di potere d’acquisto; è anche il più grande esportatore e importatore di merci al mondo. La Cina è ufficialmente uno Stato munito di armi nucleari e ha il più grande esercito permanente del mondo, con il secondo più grande bilancio della difesa. La Cina è membro delle Nazioni Unite dal 1971, quando ha preso il posto della Repubblica di Cina tra i seggi dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La Cina è anche membro di numerose organizzazioni multilaterali, tra cui l’OMC, l’APEC, il BRICS, l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione, il BCIM e il G-20. La Cina, unanimemente riconosciuta come grande potenza dal consesso internazionale, è una potenziale superpotenza secondo un certo numero di accademici e analisti che si occupano di questioni militari, politiche ed economiche.

( L. 118 )

2017_08_San_Benedetto

15 ottobre 2017 : SAN BENEDETTO PO (MN)

 

Si parte dai Laghi di Mantova dai quali si ha un’inedita visione del centro storico della città virgiliana per poi raggiungere la Vallazza, il paesaggio del Mincio protetto dal WWF, una zona umida di grande interesse naturalistico. Si naviga il fiume Mincio fino a Governolo, dove l’ascensore d’acqua ci consente di abbassare la motonave per superare il dislivello esistente fra il Mincio ed il Po. Superata la chiusa, si discende il corso del Po, ammirando un nuovo scenario: qui le misure si allargano improvvisamente, le rive si allontanano, è una nuova atmosfera. La navigazione ha la durata di h 2.30 c.a., la motonave offre la disponibilità di attrezzature per il pranzo al sacco a bordo, anche al coperto.

Abbazia di San Benedetto in Polirone a San Benedetto Po

L’abbazia fu fondata nel 1007 dal conte Tedaldo di Canossa (nonno paterno di Matilde) attraverso una donazione ai monaci benedettini di metà dei terreni che si trovavano tra i fiumi Po e Lirone, sito importante per garantire il controllo della navigazione fluviale. Del precedente insediamento romano abbiamo poche tracce. Si trattava di un significativo centro spirituale, formato inizialmente da un piccolo nucleo di 7 monaci. Verso la metà dell’XI secolo Bonifacio di Canossa, signore del territorio, riedificò la chiesa, di cui rimangono pochi resti, e costruì l’oratorio di Santa Maria, tuttora esistente. Nel 1077, in occasione dell’incontro tra l’imperatore Enrico IV e il papa Gregorio VII a Canossa, Matilde, succeduta al padre Bonifacio, donò il monastero al papa, che a sua volte lo affidò all’abate dell’abbazia di Cluny, Ugo. Il monastero aderì pertanto alla riforma di Cluny e alle Consuetudines del monastero francese, che regolavano la vita, la liturgia ed anche l’architettura: la chiesa infatti fu ricostruita verso il 1130 secondo la tipologia cluniacense, con deambulatorio, cappelle radiali e transetto absidato. Il monastero di Polirone, molto potente, diventò in quel periodo un importante centro culturale, dotato di un celebre scriptorium, dove si trascrivevano i manoscritti sia per uso liturgico sia per studio.

La storia dell’abbazia nel ‘600 e ‘700 è storia d’inondazioni, di guerre e di saccheggi. Il monastero era impoverito a tal punto che l’abate nel 1633 vendette al papa Urbano VIII il corpo della contessa Matilde, sepolta nella chiesetta di Santa Maria, in cambio di una considerevole somma di denaro. Matilde ora riposa in San Pietro in un ricco sepolcro del Bernini. Fu soppressa durante l’epoca napoleonica (1797). Per fortuna i libri e i manoscritti furono portati alla biblioteca comunale di Mantova e in buona parte salvati. Oggi si conservano tre chiostri, il refettorio grande, l’infermeria nuova e la basilica. Del periodo medievale rimane la chiesetta di Santa Maria, con un mosaico pavimentale datato 1151, un candelabro della fine dell’XI secolo e una “capsella” (dal latino capsa, “cassetta per libri o per frutta”) di avorio (XII – XIII secolo). Nel museo dell’abbazia, allestito nell’antico refettorio, si ammirano due rilievi con i mesi di novembre e dicembre, attribuiti a Wiligelmo. Del Cinquecento, oltre all’architettura di Giulio Romano, sono interessanti la porta lignea d’ingresso del 1547, il coro ligneo di Vincenzo Rovetta (1550), le statue di terracotta del Begarelli, nel refettorio l’affresco sulla parete di fondo attribuito al Correggio e una copia della tela con l’Ultima Cena di Girolamo Bonsignori. Si visita infine il grande scalone del 1674, decorato con stucchi.

Organo a canne

Nella basilica è posto in cantoria in controfacciata l’organo a canne costruito da Giuseppe Bonatti di Desenzano attorno al 1726 circa. Nel periodo ottocentesco Giuseppe Grigolli, organaro veronese provvede a sostituire alcuni registri e la consolle meccanica originale di Bonatti con una pneumatica “all’ avanguardia” dell’epoca. Negli anni ’40 del Novecento la ditta Tamburini di Crema provvede a fornire una nuova consolle, alla trazione elettrica e ad un restauro accurato dello strumento, la catalogazione delle canne antiche e la sostituzione dei registri di Grigolli Viola da gamba 8′ e Concerto viole 3 file rispettivamente con un Flautino 2′ e un Ripienino 3 file. Viene poi aggiunto un fagotto 16′ al pedale che si prolunga in fagotto 8′ e clarone 4′. Il fagotto 8′ si estende anche sul Grand’organo. Nel 2008 un ulteriore restauro e pulizia dell’organo con relativo restauro della cantoria e infine una pulizia generale ed intonazione dopo la riapertura della basilica nell’estate 2014 a causa del terremoto. (da Wikipedia)

( L. 108 )

2017_07_Torino

8-9-10 settembre 2017 : TORINO

 

Torino è una città italiana di 886 837 abitanti, capoluogo dell’omonima città metropolitana e della regione Piemonte. Cuore di un’area metropolitana che conta quasi 2 000 000 di abitanti su una superficie approssimativa di circa 2 300 km², la città di Torino è il quarto comune italiano per popolazione, il terzo complesso economico-produttivo del Paese e costituisce uno dei maggiori poli universitari, artistici, turistici, scientifici e culturali d’Italia. Nel 1997 parte del centro storico di Torino, unitamente al Castello del Valentino, alla Villa della Regina e agli altri possedimenti del circuito di residenze sabaude in Piemonte, è stata riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’UNESCO col nome di Residences of the Royal House of Savoy. Città dalla storia bimillenaria, fu fondata probabilmente come Taurasia nei pressi della posizione attuale attorno al III secolo a.C. dai Taurini, popolazione ligure (o celto-ligure) dell’Italia settentrionale, e trasformata in colonia romana da Augusto col nome di Iulia Augusta Taurinorum nel I secolo a.C.. Dopo il dominio ostrogoto fu capitale di un importante ducato longobardo, per poi passare, dopo essere divenuta capitale di marca carolingia, sotto la signoria nominale dei Savoia nell’XI secolo. Città dell’omonimo ducato, nel 1563 ne divenne capitale. Dal 1720 fu capitale del Regno di Sardegna (anche se solo de facto fino alla fusione perfetta del 1847, quando lo divenne anche formalmente), stato che nel XIX secolo avrebbe portato all’unificazione italiana e che fece di Torino la prima capitale del Regno d’Italia (dal 1861 al 1865). Importante centro antifascista durante il Ventennio (1922-1943), è stata la patria, natia o adottiva, di alcuni fra i più grandi scrittori e letterati italiani del XIX e XX secolo, tra i quali Edmondo De Amicis, Emilio Salgari, Italo Calvino, Natalia Ginzburg, Norberto Bobbio, Cesare Pavese e Primo Levi. Sede nel 2006 dei XX Giochi olimpici invernali, città natale di alcuni fra i maggiori simboli del «Made in Italy» nel mondo, come il Martini, il cioccolato gianduja e il caffè espresso, è il fulcro dell’industria automobilistica italiana, nonché importante centro dell’editoria, del sistema bancario, delle tecnologie dell’informazione, del cinema, dell’enogastronomia, del settore aerospaziale, del disegno industriale e dello sport (da Wikipedia)

( L. 97 )

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24-25 giugno 2017 : RECANATI E MACERATA

 

Recanati sorge sulla cima di un ermo colle, la cui cresta tortuosa è quasi pianeggiante, a 296 m s.l.m., tra le valli dei fiumi Potenza e Musone. Dista circa 20 km dal capoluogo Macerata, 8 km da Loreto e poco meno di 40 km da Ancona. Il mare Adriatico, oltre il quale quando l’aria è chiara si vedono i monti della Dalmazia, è ad una decina di chilometri ad Est della città. In direzione Nord è visibile il monte Conero che si perde nelle acque e dagli altri lati della città, non chiusa né limitata da prossime elevazioni, si vedono le cime degli Appennini. Le cime dei Monti Sibillini con il monte Vettore e più su il monte San Vicino, lo Strega e il Catria sono ben visibili. Come altri centri marchigiani, anche Recanati è la tipica “città balcone” per l’ampio panorama che vi si scorge: città e borgate sono sparse in gran numero nell’ampia distesa, tra piani, valli e colline.

MACERATA

La città è caratterizzata da una certa qualità della vita che la rende una delle città più vivibili grazie anche ai molti punti “verdi” situati in diverse zone: i Giardini Diaz, Villa Lauri, il Sasso d’Italia e vari piccoli spazi verdi che sono presenti in tutti i quartieri cittadini. Nel 2006 sono iniziati i lavori per la realizzazione della galleria di collegamento tra la zona di “Due Fonti” e “Fontescodella”; i lavori sono stati ultimati a fine 2007 e l’apertura è avvenuta nel novembre 2008. Tale opera, la più importante degli ultimi decenni, rende più rapida la viabilità tra la valle del Potenza a quella del Chienti, evitando di attraversare l’area più urbana della città.  (da wikipedia).

( L. 82 )

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21 maggio 2017 : PARCO DELLA SALINA DI CERVIA – GAMBETTOLA

 

La riserva naturale Salina di Cervia è un’area naturale protetta dell’Emilia-Romagna. È stata istituita a Riserva naturale di popolamento animale con un Decreto ministeriale del 1979. L’importanza storica di Cervia è legata al suo “oro bianco” ed è documentata da varie testimonianze. Nei pressi della salina sorgono le Terme di Cervia, che ne utilizzano tuttora l’acqua salata per la cura di malattie articolari e respiratorie. Storia L’origine più antica della salina di Cervia è etrusca. L’attività di produzione del sale fu continuata in epoca romana. Cervia è talmente legata alle sue saline che alcuni studiosi ritengono che il suo nome sia legato al sale: il toponimo Cervia potrebbe derivare dalla parola latina acervus (cumulo), in riferimento ai mucchi di sale che facevano mostra di sé come veri e propri monumenti.

Per capire bene l’importanza che ebbe il sale dall’epoca antica fino all’invenzione del frigorifero, basti pensare che era l’unico elemento che permettesse di conservare i cibi (specialmente pesce e carne), oltre ad essere indispensabile all’organismo umano. Veniva usato anche per la concia dei cuoi e del pellame. Attività umane Lavoratori alle saline di Cervia nel 1891. Una fase della raccolta del sale a Cervia (fine XIX secolo).

All’interno del Parco si trova uno stabilimento di produzione del sale a raccolta industriale (“Salina di Cervia”) e l’antica Salina Camillone, dove si continua a raccogliere il sale artigianalmente. In quest’ultima si utilizza tutt’oggi un procedimento di lavorazione tramandatosi di padre in figlio fin dall’età antica. Oggi viene chiamato «metodo cervese».

L’antica salina Camillone

È formata da più di 10 vasche per l’estrazione del sale. Oggi se ne utilizza solamente una. Antica salina artigianale, è l’ultima delle 144 salinette di produzione attive fino al 1959, anno in cui il sistema di produzione divenne industriale e le salinette vennero accorpate in grandi vasche di evaporazione e di raccolta. Oggi la Salina Camillone resta l’ultima originale salinetta, parte integrante del Museo del sale[4] ed è lavorata a scopo dimostrativo per far conoscere il lavoro dei salinari. Il fondo può produrre dai 500 ai 2000 quintali di sale a stagione. La produzione nella Salina Camillone avviene ancora artigianalmente: il sale viene prelevato di giorno in giorno man mano che affiora, con attrezzi in legno e seguendo le procedure tradizionali. Il processo industriale prevede invece una sola raccolta a fine stagione (in settembre). Il sale cervese è detto “sale dolce”, in quanto privo dei sali amari che, per il clima e per la raccolta giornaliera, non riescono a depositarsi.  (da wikipedia).

( L. 82 )

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19 aprile 2017 : VERONA SOTTERRANEA (VERONA ROMANA)

 

Abitata sin dalla notte dei tempi, la città di Verona ebbe i primi stabili rapporti con Roma a partire dal IV secolo a.C. e già nel 216 a.C. le genti che vivevano in quest’area avevano raggiunto una consistenza tale da essere ricordate come “presenti con un proprio contingente nell’esercito romano che combatte la battaglia di Canne”. Nel 148 a.C. fu inserita nel tracciato della via Postumia (che univa il Mar Ligure con l’Adriatico) e nel 49 a.C. divenne Municipium ottenendo la cittadinanza romana. Furono costruiti grandi teatri, ricchi palazzi, templi, acquedotti, fognature e l’urbe raggiunse il massimo splendore durante l’età Flavia. In città sono ancor’oggi numerosi gli edifici e i monumenti che testimoniano quell’epoca e l’importanza raggiunta durante gli anni dell’impero: in primis L’ARENA, lo splendido anfiteatro eretto nel I secolo d.C. con il marmo estratto da cave della provincia. Dopo oltre duemila anni essa mantiene intatto il suo fascino e la sua imponenza, con una ininterrotta sequenza formata da 72 doppie arcate in pietra che creano un’ellisse larga centodieci metri e lunga centoquaranta capace di accogliere quasi ventimila spettatori. Osservandola da vicino è curioso notare come sia situata due metri più in basso rispetto all’attuale livello stradale, alzatosi nel corso dei secoli; è questa una caratteristica comune a molti edifici e strade dell’epoca. Inizialmente posta fuori dalle mura della città, venne in essa ricompresa nel 265 d.C. con la costruzione delle MURA DI GALLIENO, ancora oggi visibili nell’omonima piazzetta ad essa retrostante. Dopo secoli di pace furono realizzate in fretta, per difendere la città dalle incursioni barbariche; senza particolari estetismi ed utilizzando materiali di recupero. Proseguendo il nostro itinerario alla scoperta di Verona romana raggiungiamo il MUSEO LAPIDARIO MAFFEIANO, il cui ingresso è situato ai piedi dei Portoni della Bra, all’angolo di via Roma. Istituito nella seconda metà del settecento è il secondo più antico museo pubblico d’Europa (dopo i musei Capitolini di Roma); in esso sono conservate centinaia di epigrafi e materiali scultorei di epoca romana, oltre a materiali epigrafici greci, etruschi e paleoveneti. Da una delle sue sale si accede ad un collegamento che supera le mura scaligere e conduce alla Gran Guardia, offrendo un’ insolita visione dall’alto dell’Arena e di una delle piazze più belle del mondo. Uscendo imbocchiamo via Roma e raggiungiamo Castelvecchio, medioevale maniero che fu residenza degli Scaligeri. In una piccola piazza alla sua destra è presente L’ARCO DEI GAVI, un raro esempio di arco onorario romano dedicato ad una famiglia di privati cittadini. Risalente al I secolo d.C. è un arco quadrifronte a pianta rettangolare allungata, con copertura piana cassettonata nel vano interno, realizzato impiegando blocchi di pietra bianca disposti in filari; ha una struttura tetrapila con due fronti principali e due secondari.

Sui fronti principali vi sono quattro colonne corinzie, e negli spazi tra le colonne sono presenti delle nicchie che un tempo ospitavano le statue dei personaggi onorati. Proseguiamo lungo CORSO CAVOUR, una elegante strada rinascimentale che ricalca il tracciato suburbano della Via Postumia. In età imperiale era una zona sepolcrale, situata fuori dalle mura cittadine per dare ai defunti un sonno indisturbato. I resti di alcune tombe sono visibili nel Sacello delle Sante Teuteria e Tosca, posto sotto la sacrestia della Chiesa dei Santi Apostoli (situata in una piazzetta laterale). Arrivati in fondo al corso troviamo PORTA BORSARI, che costituiva il principale ingresso alla città ed immetteva nel Decumano Massimo (l’odierno corso Porta Borsari). Fu costruita nel I secolo d.C. seguendo i dettami tipici dell’architettura imperiale, con una struttura articolata su tre livelli. All’epoca era un edificio con corte centrale e doppi passaggi nelle facciate, di cui oggi rimane solo quella esterna. Varcata l’antica porta proseguiamo verso Piazza Erbe, fermandoci all’incrocio con via IV Spade. Qui era un arco intitolato a Giove Ammone che formava un ingresso monumentale sul Decumano, oggi parzialmente visibile nelle pareti del negozio alla nostra destra. Riprendendo il cammino arriviamo in PIAZZA ERBE, l’area dove sorgeva il Foro: il centro civile, politico e religioso della città (di cui l’attuale piazza conserva la lunghezza originaria di 140 metri). Alla nostra sinistra c’è il barocco PALAZZO MAFFEI nei cui sotterranei sono visibili i resti di un grande tempio del I secolo a.C. che aveva un colonnato lungo più di nove metri. Una statua di Ercole, che apparteneva all’antico tempio è presente sulla balaustra del palazzo, accanto ad altre cinque di realizzazione rinascimentale. Proseguendo verso il centro della piazza troviamo la FONTANA DI MADONNA VERONA, realizzata nella seconda metà del XIV secolo utilizzando una statua rinvenuta nel tempio posto sotto Palazzo Maffei e una vasca in marmo rosso proveniente dalle terme romane che erano presenti nella zona del Duomo. Pavimentazioni e fondamenta romane sono visibili anche nella retrostante Piazza dei Signori, dalla quale possiamo raggiungere il Cortile del Tribunale e gli SCAVI SCALIGERI. E’ questa una grande area archeologica sotterranea che permette di compiere un affascinante viaggio alla scoperta della Verona romana, in cui sono visibili i resti di una vasta area residenziale con ricchi mosaici di vari colori e parte di una strada che correva sotto l’attuale via Dante. Il nostro itinerario ci porta ora in via Cappello, l’antico Cardo Massimo. Poco oltre la Casa di Giulietta voltiamo a destra e percorriamo via Zambelli arrivando sino all’isolato posto all’angolo con via San Cosimo, sede di un istituto di credito. Nei sotterranei dell’edificio sono ben visibili i resti di un’antica Domus Romana del III secolo d.C. con pianta quadrata e cortile centrale fornito di vasca destinata a raccogliere l’acqua piovana.

Tornati su via Cappello raggiungiamo PORTA DEI LEONI, di cui rimane una metà verticale della parte interna, murata in un palazzo del duecento. Fu costruita nel I secolo d.C. utilizzando prospetti in pietra bianca che vennero addossati ad una preesistente porta repubblicana, divenuta nel frattempo troppo austera rispetto alle mutate condizioni economiche dell’urbe. Davanti a lei, due metri sotto il livello stradale, sono visibili la base di una delle sue due torri difensive, uno scorcio del muro laterale e frammenti della pavimentazione. Anche in qui si può notare come il livello stradale in epoca romana fosse più basso dell’attuale, alzatosi nei secoli. Il nome attuale della Porta risale al XV secolo, a ricordo di una tomba romana rinvenuta nelle vicinanze e ornata con due leoni, oggi visibili dietro il monumento al Re Umberto I situato ad un centinaio di metri verso Ponte Navi. Percorrendo lungadige Rubele e via Sottoriva arriviamo sul retro della BASILICA DI SANTA ANASTASIA, dove in epoca imperiale si trovava uno dei principali porti fluviali della città. Era posto vicino al ponte Postumio, uno dei sette ponti che attraversavano l’Adige, crollato nell’anno 1239 dopo una ennesima travolgente piena. Risalendo il fiume arriviamo a PONTE PIETRA, costruito nel I secolo a.C. in corrispondenza di un guado sul fiume che in questo punto era presente sin dalla notte dei tempi. Davanti a noi si innalzano, addossati al colle di San Pietro, i resti di quello che era il magnifico TEATRO ROMANO; lo spettacolo è incantevole, con i pezzi di muraglioni a vista e terrazze insinuate nella collina. Un ascensore situato dietro l’ultima fila di gradoni del teatro conduce al MUSEO ARCHEOLOGICO allestito all’interno del quattrocentesco convento di San Girolamo. Le sue sale custodiscono vasi, mosaici, sculture, oggetti in vetro e utensili, iscrizioni sacre e sepolcrali, parti dell’acquedotto romano tracciato sul ponte Postumio e antichi elementi decorativi del Teatro. Ritornando su Ponte Pietra e tenendoci sulla destra superiamo vicolo Sabbionara e via Pietà Vecchia, sino a raggiungere la piazza del Duomo. E’ questo l’antico quartiere termale romano, dove la chiesa di SANTA ELENA racchiude una interessante area archeologica con i resti di una basilica paleocristiana del IV secolo. Da visitare è pure l’adiacente MUSEO CANONICALE, che espone numerosi reperti rinvenuti durante scavi effettuati nella zona.  (da www.verona.net).

( L. 115 )

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6 aprile 2017 : MONTEBELLO VICENTINO – ARRIGO PEDROLLO (1878-1964)

 

Fin da giovanissimo fu avviato allo studio del pianoforte dal padre, «maestro di banda a Montebello ed organista» (Munaretto, 1932, p. 169). Dal 1892 proseguì gli studi al Conservatorio di Milano, sotto la guida di Amintore Galli, Luigi Mapelli e Gaetano Coronaro. Diplomatosi in pianoforte nel 1897 e in composizione nel 1900 (Memoria per Arrigo Pedrollo, [1965], pp. 4 s.), nel 1902 intraprese una tournée concertistica, come pianista in diverse formazioni musicali, esibendosi in Inghilterra, in Germania, in Polonia, ove incontrò il compositore finlandese Jean Sibelius, e in Russia. A questo periodo risalgono anche le sue prime prove compositive: Terra promessa, poema teatrale che Carlo Zangarini scrisse «per lui dietro il vivo interessamento del poeta futurista Filippo Marinetti e di Sem Benelli» (p. 5), allestito nel 1908 al teatro Ponchielli di Cremona, e Juana, dramma lirico su libretto di Carlo De Carli, opera vincitrice nel 1913 del concorso indetto dalla Casa Sonzogno nel 1912. A partire dallo stesso anno avviò una collaborazione con la casa editrice milanese, che favorì la rappresentazione delle sue opere in Italia e all’estero, soprattutto negli anni Venti. Nel 1920 andarono in scena La veglia, su libretto di Carlo Linati dall’atto unico L’ombra della vallata di John Millington Synge (Milano, teatro Filodrammatici, 2 gennaio), opera ripresa a Londra e New York, e L’uomo che ride, su libretto di Antonio Lega da Victor Hugo (Roma, teatro Costanzi, 6 marzo). Tra le produzioni successive si ricordano Maria di Magdala, dramma biblico su libretto di Arturo Rossato (Milano, teatro Dal Verme, 11 settembre 1924) e due opere rappresentate al teatro alla Scala di Milano: Delitto e castigo (16 novembre 1926) su libretto di Giovacchino Forzano (da Dostoevskij) e Primavera fiorentina (28 febbraio 1932) su libretto di Mario Ghisalberti (dal Boccaccio).

All’attività di operista si affiancarono quelle di direttore d’orchestra e di insegnante. Tra il 1928 e il 1932 fu il primo direttore stabile dell’Orchestra sinfonica dell’Ente italiano audizioni radiofoniche (EIAR) di Milano. In questa veste collaborò con interpreti di prim’ordine, tra i quali Jascha Heifetz, Alfred Cortot e Sergej Prokof′ev. Negli stessi anni venne chiamato a ricoprire importanti incarichi presso alcune istituzioni musicali: dal 1922 al 1962 fu direttore dell’Istituto musicale di Vicenza; dal 1930 al 1941 insegnò alta composizione al Conservatorio di Milano e dal 1941 al 1959 diresse anche il Liceo musicale di Padova. Tra i suoi allievi si ricordano Gianandrea Gavazzeni, Roberto Lupi, Claudio Scimone e Bruno Maderna.

 Significativa anche la produzione strumentale, sinfonica e cameristica, che lo occupò soprattutto negli ultimi anni di vita. Tra le composizioni più rilevanti si segnalano il Concerto per pianoforte e orchestra da camera in Re minore (1933-1953), la Suite per orchestra su temi armeni (1950) e il Concertino per oboe e orchestra d’archi (1957).

Erede della tradizione musicale italiana dell’Ottocento, Pedrollo fu «egualmente aperto nei confronti delle voci d’oltralpe, tanto verso la produzione operistica di Wagner e quella operistica e sinfonica dell’opera di Richard Strauss, quanto verso quella di Berlioz, Fauré, Debussy» (Petrobelli, 1965, p. 83).

A eccezione delle edizioni di musica strumentale e delle riduzioni per canto e pianoforte di alcune sue opere teatrali, una buona parte delle fonti musicali delle sue composizioni risulta oggi dispersa. Le sue opere furono pubblicate da diverse case editrici: Sonzogno, Zanibon, Carisch e Casa Musicale Giuliana. Nel 1956 Casa Sonzogno restituì all’autore tutti i lavori pubblicati.

Pedrollo ebbe due figli, che gli sono sopravvissuti: Anna Maria, nata nel 1912 dal primo matrimonio con Emma Bonacini, e Riccardo, nato nel 1916 dal secondo matrimonio con Ada Corbetta (cfr. Pasquali, 2010-11, pp. 20, 23, 108). Morì a Vicenza il 23 dicembre 1964 e venne sepolto nel cimitero di Montebello Vicentino. Nel 1980 il Conservatorio statale di Vicenza, istituito nel 1969 come sede staccata del Conservatorio di Venezia, divenne autonomo e fu intitolato ad Arrigo Pedrollo (dal Dizionario Biografico Treccani).

( L. 116 )

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25 marzo 2017 MONTECCHIO MAGGIORE – VISITA GUIDATA A MONTECCHIO E ALLE ‘PRIARE’

 

Sotto il castello di Giulietta Il complesso delle cave sotterranee denominato Priare si trova sulla sommita’ della dorsale collinare di Montecchio Maggiore, poco sotto uno dei due catstelli scaligeri di Bellaguardia e della Villa, meglio noti come “i castelli di Giulietta e Romeo” e piu’ precisamente, sotto quello di Giulietta o della Bellaguardia. Secondo la tradizione, ad ispirare il conte Luigi da Porto(1485-1529) a comporre la notissima novella, ripresa poi da Shakespeare, sarebbero stati proprio i due castelli, ben visibili dalla propria villa a Montorso.

Usate come fungaia L’estrazione della pietra, sempre piu’ sporadica, e’ stata attiva fino a dopo la seconda guerra mondiale. Durante il conflitto le Priare servirono da ricovero e rifugio alla popolazione locale e sembra che proprio in questo periodo siano stati realizzati lavori di riadattamento, come molte delle tamponature che chiudono i vani laterali del complesso sotterraneo. Dopo la guerra, abbandonata definitivamente l’attivita’ estrattiva, le Priare furono utilizzate tra il 1972 e il 1985, come fungaia. Dopo questa data il sistema sotterrraneo subi’ un inesorabile degrado.

25 rari camini epicarsici Nel 2000 il Club Speleologico Proteo di Vicenza inizio’ una serie di indagini all’interno del sito che portarono all’ esplorazione delle cavita’ naturali intersecate dalla cava e all’esecuzione di un dettagliato rilievo topografico e all’inquadramento corretto del sistema sotterraneo e della sua storia. L’amministrazione comunale di Montecchio Maggiore in collaborazione con gli speleologi vicentini diede successivamente avvio alla realizzazione e all’esecuzione di un intervento di recupero e valorizzazione turistico-culturale del sistema ipoigeo, integrato in un’area, quella dei castelli della Villa e di Bellaguardia, gia’ di per se’ straordinariamente rilevante sul piano storico e archeologico.

Il vano della morte Situato nella parte piu’ profonda e interna del sistema ipoigeo e’ il vano della morte.Secondo la tradizione, peraltro comune a molte fortificazioni medievali, nel mastio del Castello di Bellaguardia(o di Giulietta) sarebbe presente un pozzo in cui venivano gettati i condannati a morte, ed e’ forse a quest’ultimo che allude la denominazione del vano. Qui si trovano effettivamente degli alti camini naturali, di cui uno sbarrato da una grata metallica;il rilievo topografico ha tuttavia evidenziato che i camini si trovano al di fuori delle mura di cinta del castello, cosi’ che la leggenda popolare non trova fondamento nei fatti.

1475 metri di cunicoli e cavita’ antiche Le visite al complesso sotterraneo avvengono in totale sicurezza e sotto la guida di un accompagnatore qualificato.Il complesso sotterraneo ha uno sviluppo spaziale di 1475 metri, di cui 1186 relativi ai vani artificiali e 289 metri nelle 25 cavita’ naturali intercettate nello scavo della pietra e relative a fenomeni di epicarsismo.I Vasti ambienti sotterranei sono composti dal ramo principale, che conduce alla parte piu’ interna e profonda del sistema a circa 200 metri dall’ingresso con un dislivello negativo di circa 8, 50 metri e da un ramo secondario di circa 300 metri.Per motivi di sicurezza, tuttavia, solo una parte del ramo e’ aperto alla visita.Lungo il percorso appositi punti di vista provvisti di adeguate didascalie permettono di illustrare con dettaglio gli elementi salienti della geologia e della storia del sito.Le temperature oscillano tra i 10 e i 15 gradi.

 Di origine romana Il sistema sotterraneo trae origine dall’etrazione della pietra tenera o pietra di Vicenza, un materiale da costruzione assai pregiato, utilizzato in edilizia e per opere architettoniche. L’origine delle cave di Montecchio e’ da porre in relazione con la costruzione dei complessi fortificati, eretti in varie epoche alla sommita’ del monte a partire forse dall’ epoca romana.Secondo la tradizione, che tuttavia finora non ha trovato fonti di riscontro, da queste cave proviene la pietra con cui furono scolpiti i sarcofagi trovati nella necropoli romana della Chiesa di S.Felice a Vicenza.La presenza di cave per l’ estrazione della pietra e’ documentata dal 1231;nelle Cronache di Giovan Battista Pellegrino(1415-1506) poi riprese da Francesco Barbarano(1596-1656) si afferma infatti, a proposito del Ponte Posterla di Vicenza, che nell’anno 1231 “fu fabbricato in pietra, e la comunita’ di Montecchio Maggiore per certo delitto fu condannata di dare e condurre tutte le pietre necessarie per detta fabbrica”. (da http://www.prolocoaltemontecchio.it )

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24 febbraio 2017 : MONTEBELLO – VIETNAM UN VIAGGIO DI M. GRAZIA MAGGIO E PAOLO TRENTIN

 

Il Vietnam, conosciuto ufficialmente come Repubblica Socialista del Vietnam, è uno Stato del sud-est asiatico. Confina a nord con la Cina, a ovest con il Laos e la Cambogia, a est e a sud si affaccia sul mar cinese meridionale, che tra l’isola cinese di Hainan e il nord del Vietnam forma il golfo del Tonchino. A sud per un breve tratto il Vietnam si affaccia sul golfo del Siam. Il nome deriva dal termine viot (versione vietnamita della parola cinese yuèh=”meridionale”) e dal termine nam= “terra”; Vietnam è la “terra verso il sud”. Il Vietnam è una repubblica costituzionale di tipo socialista; l’attuale capo dello Stato è Tran Đai Quang e il capo del governo è Nguyen Xuân Phúc. La lingua ufficiale è il vietnamita.

Geografia Confina a nord con la Cina e a ovest con la Cambogia e il Laos; si affaccia a est e a sud sul mar Cinese Meridionale. Nel territorio sono riconoscibili tre regioni. Nel nord del paese si trovano tavolati e il delta del Fiume Rosso; il sud è diviso fra le depressioni prossime alla costa, il gruppo montuoso Dãy Truong Son (con alti pianori), e il delta del fiume Mekong. Il territorio vietnamita è caratterizzato per l’80% da colline e montagne con una folta vegetazione, mentre solo il restante 20% è costituito da zone pianeggianti. Al nord del paese si trovano i rilievi dello Yunnan, che si innalzano oltre i 3000 m, la parte che raggiunge il golfo del Tonchino raramente raggiunge i 1000 m; queste formazioni montuose proseguono anche nel mare formando circa 1200 isolotti. Verso ovest i rilievi dello Yunnan tendono ad alzarsi, fino alla cosiddetta Porta dell’Annam oltre la quale inizia la catena annamita e la parte centrale del Vietnam. Nella parte a nord della regione dell’Annam la montagna segue la linea della costa e fa da spartiacque tra i fiumi affluenti del Mekong e i fiumi che sfociano nel Mar Cinese meridionale. Nella parte a sud la linea della cresta montuosa si separa creando varie creste tra le quali si formano valli fluviali o isolando bacini intermontani. Nel sud del Vietnam la catena annamita si abbassa fino agli altopiani Moi e alla grande pianura della Cocincina bassa e uniforme. Idrografia I fiumi principali che attraversano il Vietnam sono il Mekong e il Fiume Rosso, che sfociano rispettivamente nel Mar Cinese meridionale e nel Golfo del Tonchino. Clima Il clima della penisola vietnamita è di una temperatura che durante l’anno è fra i 5 °C e i 37 °C. . Il clima è caratterizzato da inverni secchi e estati piovose. La stagione estiva è sempre preceduta da periodi caldissimi. Flora e fauna Nelle regioni a nord, soprattutto di montagna si ha il progressivo passaggio alla foresta a latifoglie decidue e conifere. Le foreste tropicali pluviali sono abitate da grandi mammiferi come elefanti, cervi, tigri e leopardi. Nel paese vivono inoltre scimmie, lepri, scoiattoli e lontre, numerosi rettili tra cui coccodrilli e serpenti, e molte specie di uccelli. La intensa antropizzazione ha drammaticamente ridotto la vegetazione naturale e la popolazione animale. Questo fatto è dovuto soprattutto alla intensiva coltivazione del riso nelle pianure e sui terrazzamenti collinari (il Vietnam è uno dei maggiori produttori di riso a livello mondiale). Data la limitata estensione territoriale è di certo quello che ha la maggior percentuale di territorio impegnata in tale coltivazione. Aree protette In Vietnam sono presenti numerosi parchi nazionali, tra cui il Parco nazionale di Con Dao. Il Parco nazionale di Phong Nha-Ke Bang è stato designato come patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, insieme alla Baia di Ha Long, il Santuario di Mi Son, al Complesso dei monumenti di Hué e all’Antica città di Hoi An. Sono anche presenti sei riserve della biosfera: la Foresta di Mangrovie di Can Gio, il Parco nazionale di Cat Tien, il Parco nazionale di Cat Ba, il Parco nazionale di U Minh Thuong, il Delta del Fiume Rosso, il Nghe An Occidentale. (da Wikipedia)

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