SANTA MARIA DI MONTEBELLO (2)

[147] LA CHIESA DI SANTA MARIA DI MONTEBELLO (Seconda parte)

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Dal libro “Memorie storiche di Montebello Vicentino” pubblicato nel 1932 da Bruno Munaretto, in breve, la storia della Chiesa Prepositurale di Montebello.

« Ai primi di gennaio del 1798 la chiesa, ormai giunta al coperto, fu benedetta dal M. R. Don Celestino Bonvicini nativo da Montebello, ma da alcuni anni Arciprete Vicario Foraneo di Montorso. Il 14 dello stesso mese il SS. Sacramento, fino allora conservato nel tempio di S. Francesco, che per qualche tempo servΓ¬ da parrocchiale, fu solennemente trasportato nella nuova chiesa, la quale, nell’agosto dell’anno medesimo, accolse nel suo coro la fredda salma del Prevosto Francesco Scortegagna. Questi fu il piΓΉ fervente ispiratore dell’attuale prepositurale e l’ultimo dei defunti inumati in chiesa, perchΓ¨, dopo di allora, le leggi lo vietarono. Quando all’inizio del 1798 fu benedetto il nuovo tempio, mancavano al completo i lavori di abbellimento, i quali furono eseguiti nel corso del secolo passato.
Ed ora diamo uno sguardo a questo monumento, simbolo della viva fede e della sincera pietΓ  dei Montebellani. La monumentale facciata di stile classico, eretta nel 1874, durante la reggenza del Prevosto Don Vittore Porra, Γ¨ opera dell’architetto Zimello di Vicenza. Essa Γ¨ decorata da quattro svelte semicolonne e coronata da un frontone portante sul culmine la statua dell’Assunta, augusta patrona del tempio, e ai lati S. Rocco e S. Daniele compatroni della parrocchia. Queste statue sono opera dello scultore Squarise da Vicenza. Nel mezzo del timpano, e cioΓ¨ poco sopra della cornice modiglionata della trabeazione, si apre una piccola finestra semirotonda, con raggi, raffigurante un sole nascente, Ai lati della porta, in due nicchie, fra le semicolonne, sono i gruppi statuari dell’Angelo Custode e dell’Arcangelo S. Michele in atto di colpire Lucifero che gli stΓ  sotto ai piedi. Queste opere sono dello scultore Saitz, al quale si devono pure i tre mezzi rilievi che figurano nella parte superiore della facciata e che rappresentano la NativitΓ  del Redentore, GesΓΉ che scaccia i profanatori dal tempio, e l’Adorazione dei Magi, lavori di bella fattura. L’interno del tempio, di stile neo-classico con paraste e trabeazione d’ordine corinzio, fu architettato da Giorgio Massari di Vicenza, ed ha una sola navata con sei cappelle laterali corrispondenti ad altrettanti altari, ed il coro dove si innalza l’altare maggiore. Il primo altare, a destra di chi entra, Γ¨ dedicato alla Vergine del SS. Rosario, la quale Γ¨ raffigurata nella pala di notevole pregio dipinta dal Maganza nel 1583. Il secondo altare Γ¨ dedicato alla Madonna detta comunemente Madonna di Montebello. Esso Γ¨ quello stesso che una volta figurava nel coro della soppressa chiesa del Corpus Domini di Vicenza, e che fu acquistato con il denaro che, ad onore della Vergine, aveva legato Antonio Bevilacqua, per cui nello scudo posto sul frontone dell’altare stesso si legge questa iscrizione: Β« D. O. M. Privatae hoc pietatis opus-gratum erga Deiparam cultum et obsequium testatur – anno MDCCCXIΒ Β». In origine perΓ² l’altare non era come oggidΓ¬. Infatti lateralmente aveva le statue marmoree dei Santi Agostino e Francesco di Sales, le quali posavano su due piedestalli in marmo di Carrara con specchiature in diaspro di Sicilia, ed inoltre l’arcata fra le due semicolonne era aperta e ciΓ² per lasciar vedere il tabernacolo anche alle monache che al di lΓ  avevano il loro coro privato. Quindi l’altare a causa delle sue dimensioni prima di essere posto nella cappella dedicata alla Vergine dovette subire una notevole riduzione. PerciΓ² le statue dei Santi Agostino e Francesco di Sales, lavoro di Giovanni Cassetta, parente del Marinali, furono poste ai lati dell’altare maggiore nel coro; ed il parapetto, lavoro di pregio attribuito al Marinali, ora adorna quello del SS. Crocefisso. Infine l’arcata, ad eccezione di una piccola nicchia necessaria per accogliere l’imagine della Madonna, fu chiusa in cotto. Si ebbe cosi una bruttura che, per qualche tempo, si credette mascherare con una raggera di legno dorato, la quale circondava per intero la nicchia. Ma purtroppo quella decorazione invece di rimediare allo sconcio, mise in maggior rilievo la stonatura per cui da tutti fu deplorato lo stato nel quale venne a trovarsi l’altare, che, solo nel 1885 fu ridotto a belle forme dallo scultore Francesco Cavallini di Pove. Questi seppe mirabilmente superare il compito prefissosi dandoci un’opera veramente artistica tanto da essere giudicata nel suo assieme, lavoro di primo getto.
In quella occasione furono levate dall’imagine (sic!) della Madonna, la quale Γ¨ scolpita per intero in legno di tiglio e sta seduta col Divin Pargoletto sulle ginocchia, le vesti di seta e di broccato di cui nel 1700 era stata rivestita. Quindi la statua una volta ripristinata nelle antiche dorature delle vesti e del manto, come richiedeva lo stile dell’epoca a cui appartiene, essendo stata eseguita nel 1400, apparve in tutta la sua bellezza senza pari specie nei panneggiamenti delle vesti e nell’espressione del volto. All’esterno della nicchia, alquanto ingrandita, girano marmoree floreali decorazioni, mentre nell’interno, ai lati del piedestallo, sopra cui posa l’imagine della Vergine, stanno genuflessi due Angeli in raccolto atteggiamento di preghiera. Gli altri due Angeli che posano sul frontone sono lavoro di Giovanni Cassetta. Le innovazioni apportate all’altare ed all’immagine della Madonna diedero luogo ad una festa veramente grandiosa, la quale culminΓ² nel trionfale trasporto della statua della Vergine, dalla chiesa di S.Francesco, dove era stata privatamente collocata, a quella prepositurale. CiΓ² avvenne il 26 aprile 1885, giorno in cui fu pure istituita la festa quinquennale ad onore della Madonna di Montebello (1), festa che da quei tempi seguΓ¬ regolarmente fino al 4 maggio del 1930, giorno in cui tanto l’immagine della Vergine come quella del Divin Pargoletto furono incoronate da S.E. Monsignor Ferdinando Rodolfi Vescovo di Vicenza. Il lavoro delle corone fu eseguito dall’orafo Cesare Dainese nativo di Montebello e residente a Verona. Β» (Continua…)

Umberto Ravagnani

Note:
(1) L’imagine della Madonna nel 1500 era venerata sotto il titolo della Concezione. E’ da supporre quindi che un tal nome le sia stato dato subito, o poco dopo che, nel 1476, Papa Sisto IV aveva prescritto che in tutto il mondo fosse celebrata la festa della Concezione, oppure che appositamente, dopo il 1476, sia stata lavorata la statua che doveva portare un tal titolo. Il lavoro della statua eseguito come sappiamo nel 1400, lascia libero campo di poter abbracciare tanto l’una che l’altra delle due ipotesi. Quando nel 1834 Mons. Cappellari Vescovo di Vicenza compΓ¬ la visita pastorale alla nostra parrocchia, giustamente osservΓ² che male conveniva il titolo di Madonna della Concezione ad una imagine effigiata nelle forme che si descrissero, per cui da quel tempo, anche fra il popolo andΓ² diminuendo l’uso di chiamarla con quel nome, dicendola piuttosto la Nostra Madonna senza altri aggiunti, fintantochΓ¨ nel 1885 la si disse Madonna di Montebello, titolo che conserva tuttora e che consuona con quello antico della parrocchiale dedicata a S. Maria: « Sancta Mariae de MontebelloΒ Β». L’imagine della Madonna fu portata in processione per la prima volta il 29 luglio 1793 a causa di una grande siccitΓ . EssendochΓ¨ in quella occasione, ancora nella sera stessa, cadde la desiderata pioggia, ogni qualvolta il popolo venne a trovarsi in simili necessitΓ  ricorse fiducioso alla Vergine, la quale, quasi sempre esaudΓ¬ le fervide preci dei Montebellani.

Foto: Interno della Chiesa di Santa Maria a Montebello (APUR – Umberto Ravagnani – 2010).

Per chi volesse approfondire l’argomento sono disponibili i seguenti volumi del prof. LUIGI BEDIN:
L. BEDIN, Santa Maria di Montebello, Vol I, 2011, Montebello Vicentino;
L. BEDIN, Santa Maria de Montebello, Vol II, 2018, Vicenza;

CHI ERA LINO LOVATO?

AI LETTORI: L’Associazione Amici di Montebello sta preparando un evento per ricordare il nostro concittadino LINO LOVATO, pittore e scultore buono, generoso, sensibile, autore di molte opere artistiche. Chi avesse informazioni, aneddoti, suoi quadri, etc., Γ¨ invitato a mettersi in contatto con la redazione tramite e-mail, sms o cellulare (informazioni a fondo pagina).

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LA NOVA CESA

[13] LA NOVA CESA

La nova cesa” cosΓ¬ possiamo sintetizzare la composizione in rime che l’anonimo poeta (si sottoscrive un servitor fervente), nei primi anni del 1800 (1), colmo d’entusiasmo dedica alla nuova chiesa di Montebello ormai completata (2). La poesia, conservata nell’archivio della Chiesa Prepositurale, si compone di 36 quartine binate, in rima libera, scritta in lingua dialettale. Narra della inadeguatezza della vecchia chiesa costruita nel 1436 (3) a soddisfare le esigenze dei fedeli, l’impegno di tutta la comunitΓ  a sostenere lo sforzo economico per finanziare l’opera, l’orgoglio della popolazione per aver costruito un edificio che si distingue per la imponenza, che riceve le lodi dei forestieri e che viene ammirato ed invidiato da tutte le comunitΓ  circostanti. Conclude manifestando la soddisfazione di lasciare questo patrimonio cosΓ¬ importante alle future generazioni.
L’autore sicuramente non rientra nella cerchia dei noti montebellani (4) “che per diletto proprio e/o altrui” hanno composto odi, poesie, memorie e cronache in quanto le loro composizioni sono sempre scritte in corretta e talvolta forbita lingua italiana dell’epoca. Escludiamo anche che possa essere uno dei sacerdoti presenti in quel periodo in paese in quanto la composizione sarebbe stata sicuramente piΓΉ leziosa, ricca di fronzoli e riferimenti biblici mitologici come era ancora in uso in quel periodo tra le persone di una certa cultura. Il nostro anonimo poeta invece usa la lingua dialettale, che presenta sfumature padovane-veneziane in alcuni vocaboli, e la trascrive, saremo portati a dire (5), con alcuni errori ortografici, diretta trasposizione della lingua parlata, derivanti forse da un’istruzione autodidatta.
Il pregio di questa composizione non Γ¨ certo da ricercarsi nella perfezione delle rime o nella terminologia usata, ma nella visione dello spaccato storico in cui viene vissuto l’avvenimento da parte di tutta la comunitΓ . La quale dopo un iniziale entusiasmo, seguito da una momentanea titubanza, ci dimostra essere unita, attiva solidale e fiduciosa oltre che sulle proprie forze soprattutto sull’aiuto che la Provvidenza non nega a chi in Lei confida. (Parvusaldus)

Note
(1) Tale presunta datazione della composizione Γ¨ suffragata dal riferimento al Vescovo di Vicenza Marco Zaguri presente negli anni 1803-1812
(2) In quel periodo rimane ancora da completare la monumentale facciata che sarΓ  realizzata negli anni 1874
(3) Faccioli nel suo “Museo lapidario Vicentino” riporta la seguente iscrizione collocata nella vecchia chiesa di Montebello: “Maistro Manfredin de ravena fecit A.D. MCDXXXVI”
(4) Questi sono: Francesco Bonomo, Domenico Cenzatti, Pompeo Conforti, Bartolomeo Guelfo, Celeste Bonvicini)
(5) Attualmente alcuni esperti della lingua veneta, ritenendola essenzialmente usata nella forma parlata, ammettono la sua libera materializzazione nella forma scritta che puΓ² non essere rispettosa delle regole ortografiche della lingua italiana.

Quatro ciacoe ala bona, soa costruzion dea nova cesa de Montebelo – “Fine Setesento – Inissio Otosento”

Sonè campane a festa,
sonè a gran distesa,
desighe a tuti cuanti
che ancΓ² la nostra cesa

essendo stΓ  rifata
e tuta rinovΓ 
dal Vescovo Zaguri
se stΓ  assai lodΓ .

La cesa del paese
la iera tuta bruta,
e se sentia el bisogno
de rinoarla tuta.

El cuerto nol tegnea,
i muri se sgrostava,
vegnea drento l’acua
se el ciel piovesinava.

No se podea restare,
ne in pace, ne contenti
la Cesa la parea
na vecia … sensa denti!

E po la iera picola
la iera insufinente
in te le grande feste
a contegner la zente.

E alora se decide
se no xe tanta spesa,
de metarse al laoro
per rinoar la Cesa.

E far cussì pi granda
la casa del Bon Dio,
slongandola davanti
e … anca par de drio.

Ed eco se scominsia:
se scava el fondamento
se tira su le piere
del vecio pavimento.

Tirando zo el coerto
se buta tuto a tera,
e par che so la Cesa
passada sia la guera

I veci i se spaenta
e i dise tuti cuanti
metemo on freno al prete
senΓ² el ne magna i campi!

Ma dopo i la capisse
che pur fasendo spese
la Cesa fata nova
le on vanto del paese.

I vol che nel rifarla
la vegna fora bela,
e che se spenda pure
ma no la sia pi cuela.

E se se fa dei debiti
nel fare nove spese,
no se ga mai sentio
che gai falio le Cese!

Laorando tuti insieme
con fede e con amore,
se fa bela e granda
la casa del Signore.

Alra se se impegna
uniti nel laoro,
de rinoar la Cesa
da la faciata al coro.

Ghe cuei che cava i sassi
chi porta i materiali
e chi che soto al caro
i taca i animali.

Chi gΓ  le vache magre
i dopara i vedei,
e se laora gratis
parchè xe pochi i schei.

Par descargar la roba
che riva da lontan,
co sona la campana,
se core a dar na man.

I bravi muradori
a forza de laoro
con malta e con cemento
i mete a posto el coro.

A man che se vΓ  vanti
se vede on cambiamento
e no la par pi bela
col novo pavimento?

Insoma cuΓ  cristiani
penseghe pure on toco:
vardè i laori fati
de vecio ghe xe poco!

Do’ siori del paese
volendo ricordare,
on fiolo morto in guera
i gΓ  donΓ  on altare.

Adesso si la Cesa
la pol alzar la testa,
la pare na gran dama
che xe vestia d festa.

E cuei de Montebelo
i pole star contenti
che i gΓ  na bela Cesa
con tuti i so ornamenti.

Adesso resta i debiti,
ma anca se i xe tanti
no stemo scoraiarse,
vardemo sempre avanti.

Se sΓ  che per pagarli
xe bon on aiuto esterno,
ma pare che el preosto
el gabia scrito al Goerno

E infati on giorno ariva
sta bela novitΓ 
che el Goerno per la Cesa
calcossa el ghe gΓ  dΓ .

La zente la se impegna
de dare volentieri,
e in magio per la Cesa
la tiene i cavalieri.

E pΓ² i ghe dΓ  i uvi,
el late e la puina,
se tira su la oferta
del galo o la galina.

Adesso on po a la volta
se paga su le spese,
ma almanco cuei che passa
i loda stΓ² paese.

Che i ga na bela Cesa
rifata e rinovΓ ,
che podaria benissimo
star ben in una zitΓ 

E femo pure festa
e stemo col Signore:
disemo on grande grassie
che vegna su dal core.

A tuta cuea zente
che gΓ  colaborΓ 
a far pi granda e bela
la Cesa che xe cuΓ !

E come conclusion
tegnemo ben presente
che aiutar la Cesa
no ghe perdemo gnente.

E nea nostra vita
in meso a tanti guai
tegnendo su la Cesa
no ghe perdemo mai!

Firmato: on servitor fervente.

Parvusaldus (dal NΒ° 2 di AUREOS – Giugno 2002)

Figura: cartolina dei primi anni del ‘900 (collezione privata del redattore).
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